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Conte, Salvini, Di Maio e Mattarella. Ecco cosa sta succedendo. Parla Becchi

C’è un chiaro segnale satellitare che guida i continui (e irrituali) pellegrinaggi di Giuseppe Conte fra Palazzo Chigi e il Quirinale in questa strana crisi d’agosto. “Un disegno preparato da tempo per mettere fuori gioco non solo Salvini, ma anche Di Maio” spiega Paolo Becchi, politologo e saggista, in libreria con “Italia Sovrana” (Sperling & Kupfer).

Conte è tornato al Quirinale. Salta tutto?

Non mi aspettavo che la situazione fosse così grave, che dovesse ricorrere a Mattarella. Le parole di Di Maio all’uscita dal colloquio con il premier incaricato già erano sentore di una certa irritazione.

I venti punti di Di Maio sono suonati ai dem come un ultimatum. È così?

Ovviamente. Di Maio si è reso conto della trappola che è stata tesa non solo a lui ma a tutto il Movimento Cinque Stelle. Quando ha fiutato l’inganno ha alzato la posta. Non è un caso che non si sia recato all’incontro con Conte oggi.

Di quale trappola parla?

Il governo giallorosso è stato preparato per mettere in sordina tanto Di Maio quanto Salvini. Il paradosso, visti i numeri in Parlamento, è che il Movimento sia ridotto a comparsa in un governo comandato a distanza da Matteo Renzi.

Chi c’è dietro l’operazione?

Il Quirinale. Mattarella ha gestito la crisi in modo impeccabile, formalmente. Grazie all’intermediazione di figure come Guido Alpa, maestro del premier pugliese, ha messo Conte in questa posizione. Dietro la ricerca di una nuova maggioranza si cela un disegno strategico chiaro, che trova concordi quasi tutte le cancellerie europee.

Quale?

Fermare Salvini, la figura più pericolosa per lo status quo. Mattarella ci è riuscito senza doversi esporre. E pensare che il leghista si fidava del Colle. Si era convinto, sbagliando, che avrebbe ricevuto un semaforo verde per il voto.

Non è detta l’ultima parola. Manca ancora il voto su Rousseau.

Un passaggio che tanti danno per irrilevante. Credo sia vero il contrario. Conte ha rassicurato Mattarella che non sarà dirimente per la formazione del nuovo governo, non è così. Un no della base metterebbe in grave difficoltà il presidente della Repubblica, che dovrebbe prendersi la responsabilità di chiudere la partita o ignorare la votazione.

Il suo pronostico?

Non do per scontato l’esito affermativo. Se comparirà la parola Pd nel quesito i giochi si faranno difficili. Chi incarna l’anima movimentista come Di Battista ha già fatto capire di mal sopportare l’accordo con il Pd, la sua voce conta ancora molto fra i militanti.

La sua impressione è che Di Maio non voglia andare fino in fondo?

Io sono convinto che una seria interlocuzione fra lui e Salvini per rimettere indietro le lancette degli orologi ci sia stata. Altro che Conte due, tutto era pronto per un Conte 2. Il Colle ha messo i bastoni fra le ruote.

E Zingaretti invece come ne sta uscendo?

Malissimo. Ha cambiato idea quattro, cinque volte in una settimana. Per dirla con una battuta, darei le chiavi di casa a Di Maio, non al segretario dem. L’unica sua speranza di far fuori Renzi è tornare al voto subito. Se il governo parte la sua credibilità scompare da un minuto all’altro.

Anche Salvini non se la passa bene. Perfino Berlusconi sembra scaricarlo.

Berlusconi crede di essere nel 1994, non realizza che il centrodestra liberale di cui parla è morto da un pezzo. Salvini ora ha altri problemi cui pensare. Con i vecchi alleati si può mettere insieme alle regionali, a livello nazionale quella formula è lettera morta.

C’è chi la vuole resuscitare a modo suo. Urbano Cairo ci sta facendo un pensiero.

Non gli conviene scendere in politica. Ha le tv e i giornali, ma non è Silvio Berlusconi e non siamo negli anni ’90. Finirebbe per diventare la brutta copia.

Insomma, il Movimento Cinque Stelle resterà il primo interlocutore della Lega a lungo. Una fusione in un unico soggetto politico è fantascienza?

Non sarà possibile, sono espressione di due sovranismi opposti, uno identitario, l’altro sociale. Per questo il governo gialloverde costituiva uno straordinario laboratorio politico. Fin troppo rivoluzionario per durare. L’abisso creato dalle elezioni europee ha alterato quell’equilibrio.

E il tanto acclamato ritorno del bipolarismo destra-sinistra? Anche quello rimane sulla carta?

Il bipolarismo non se ne è mai andato, ha solo cambiato volto. Sovranismo da una parte, globalismo dall’altra. Gli uni per il recupero della sovranità dello Stato, gli altri alfieri della globalizzazione. Il resto è già stampato sui libri di storia.

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