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Che cosa cambia con il nuovo Dipartimento per la trasformazione digitale

Un nuovo Dipartimento destinato a diventare “la struttura di supporto al presidente” del Consiglio “per la promozione ed il coordinamento delle azioni del governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie” informatiche.

UN’UNICA GOVERNANCE

Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto dello scorso 19 giugno che modifica il dpcm del 1° ottobre 2012, il Paese si dota, con avvio da gennaio 2020, di un organo di coordinamento e esecuzione dei programmi di trasformazione digitale, che accentra competenze e governance, raccogliendo l’eredità del team guidato fino a settembre 2018 da Diego Piacentini (il mandato del gruppo, ora guidato dal commissario per l’attuazione dell’Agenda Digitale Luca Attias, scadrà il 31 dicembre di quest’anno).

LE PAROLE DI QUACIVI

Sul progetto è arrivato a stretto giro un commento positivo di un pezzo rilevante della digitalizzazione della PA e della Penisola, ovvero Sogei, partner tecnologico del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Con il nuovo Dipartimento, “l’Italia – ha scritto su LinkedIn l’ad di Sogei Andrea Quacivi – si avvicina agli altri Paesi del G7 anche nella Governance Digitale”. Il Paese, ha aggiunto il manager, “ha bisogno di innovazione, semplicità e di maggiore vicinanza alle esigenze dei cittadini e delle imprese, di snellezza nei processi amministrativi e di maggiore fruibilità dei servizi digitali attraverso tutte le tecnologie disponibili”. In questo percorso, ha concluso, Sogei intende “continuare ad accompagnare, attraverso anche un maggiore coordinamento tra tutti gli attori, il cambiamento nel nostro Paese, auspicando una crescita del Pil Digitale e una esperienza dei servizi per cittadini e per le imprese innovative”.

GLI OBIETTIVI

L’obiettivo principale della nuova struttura a Palazzo Chigi, che sarà articolata in “non più di due uffici di livello dirigenziale generale e in non più di due servizi di livello dirigenziale non generale”, è, si legge nel decreto, quello di “favorire lo sviluppo e la crescita culturale, democratica ed economica del Paese”, nell’ottica di una strategia mirata a “garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea”. A ciò vanno sommati il “coordinamento operativo tra le amministrazioni dello Stato” (la parola d’ordine, in questo caso, è l’interoperabilità tra architetture tecnologiche che spesso non si integrano) e “l’adempimento degli obblighi internazionali assunti in materia di innovazione tecnologica e digitale”. Tra gli incarichi del Dipartimento, infine, anche quello di vigilare su PagoPa, la società che dal 2020 gestirà il sistema di tutti i pagamenti elettronici alla pubblica amministrazione.

IL COMMENTO DI MENSI

Per Maurizio Mensi – docente Luiss e Sna, responsabile del @LawLab dell’ateneo romano – “l’obiettivo condivisibile che è alla base del decreto è quello imprimere efficienza ad un assetto istituzionale finora basato su diversi attori finora non sempre coordinati fra loro (Mise, funzione pubblica, Agid)”.
Di qui, sottolinea l’esperto, “la necessità di rivedere la governance complessiva, intervenendo in primis su struttura e compiti di Agid – la cui struttura organizzativa è ancora ‘temporanea’ dal 2017 – focalizzandola, per esempio, su attività istituzionali ma con profili operativi come la vigilanza sugli operatori accreditati e la definizione di norme tecniche a supporto della trasformazione digitale”. Ulteriore intervento, conclude Mensi, “dovrà poi essere la revisione e semplificazione radicale del Cad, il codice dell’amministrazione digitale, da adeguare e aggiornare al nuovo quadro di riferimento”.

I NODI DA SCIOGLIERE

In vista dell’inizio delle attività operative del Dipartimento, restano inoltre da sciogliere alcuni nodi. Innanzitutto quello della nomina di chi guiderà la struttura (che sarà fatta, a questo punto, dal prossimo esecutivo), ma anche la ripartizione delle deleghe e gli effetti della nuova governance sul dialogo con i singoli pezzi dell’amministrazione pubblica.

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