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Finanza islamica in soccorso dei conti turchi?

Che cosa si muove dietro i dollari del golfo che si stanno dirigendo nel mercato turco? C’è la possibilità che si stia snodando una precisa strategia per rafforzare influenze e partneship nel Bosforo contando sull’esigenza di liquidità da parte del governo Erdogan? Il caso dell’Istituto di Economia e finanza islamica dell’Università Marmara apre una serie di scenari con sullo sfondo il fil rouge con i Fratelli Musulmani.

MARMARA

Il primo istituto turco di economia e finanza islamica mira a condurre studi accademici internazionali dal centro economico turco di Istanbul. Si tratta dell’Istituto di Economia e finanza islamica dell’Università Marmara (Muisef) che amplierà i suoi studi con ulteriori ricerche accademiche su questioni primarie, come la diversificazione settoriale dei prodotti e le partecipazioni bancarie.

Ogni progetto necessita di un adeguato background scientifico e capitale umano qualificato. Ed è la ragione per cui dietro Muisef potrebbe esserci più di un semplice investimento, ma una nuova visione della finanza islamica con l’obiettivo di rendere Istanbul un “centro finanziario” del potere orientale a cavallo tra Medio Oriente e Mediterraneo proprio in un momento di forte difficoltà delle finanze turche.

TREND

Da vent’anni a questa parte l’interesse islamico per investimenti mirati nei settori della finanza e delle università è esponenzialmente cresciuto. In Turchia il Muisef dell’Università di Marmara è il primo del suo genere e gode anche di un protocollo speciale con l’Ufficio finanziario della presidenza turca, guidato da Göksel Aşan. Quindi vanta una corsia preferenziale con il governo Erdogan. L’idea del Presidente, secondo alcuni analisti, è quella di plasmare un ente di livello internazionale tramite la liquidità di istituti arabi per fare di Istanbul un centro finanziario, dal momento che come lo stesso Asan ha detto alla stampa interna, “la città è rimasta molto al di sotto del suo potenziale, per cui la finanza islamica è una delle due cose che saranno centrali nell’istituto”. Circa le fonti di sostentamento dell’istituto sta trapelando la volontà di diversificarne l’origine: per cui accanto alle quote delle banche partecipanti ecco i canali aperti con altri investitori, pubblici e privati dotati di “diversi strumenti finanziari”.

MICCIA

“Questo è un inizio, una miccia” ha aggiunto Aşan lasciando intendere che la porta è più che aperta a quel mondo arabo che guarda con insistenza alle vicende geopolitiche della Turchia. Il crollo della lira manifestatosi lo scorso anno ha portato il Paese ed il suo sistema ad avere un gran bisogno di liquidità e di grandi e affidabili partner in un momento particolarissimo della politica estera, con la partita per la ricostruzione in Siria, la crisi del gas a Cipro e il ruolo ibrido della Turchia nella Nato, tra le sanzioni americane e il flirt di Erdogan con Mosca e Pechino.

ERDOGAN

La prima mossa della banca nazionale turca dopo il cambio di guida deciso da Erdogan risiede nel rendere più costoso la detenzione di valuta estera. Ieri infatti la banca ha aumentato i suoi coefficienti di riserva sui depositi in valuta estera e sui fondi di partecipazione. Al contempo ha ridotto di 100 punti base il tasso di renumerazione delle riserve obbligatorie denominate in dollari, delle opzioni di riserva e delle riserve libere detenute presso la banca, all’1%. Il tutto rientra all’interno di una serie di misure decise per tentare di aumentare l’attrattività della lira turca da quando la crisi valutaria dell’agosto 2018 ha raggiunto il suo picco raggiungendo il minimo storico di 7,22 dollari.

A dimostrazione delle difficoltà del sistema-Paese ecco il calo della fiducia economica in Turchia che è diminuita a luglio, a 80,7 da 83,4 di giugno, secondo quanto riferito dall’Istituto statistico turco (con un ulteriore calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).

Principale filo comunicativo in questo momento tra Erdogan e il mondo arabo è il Qatar che, al contempo, viene boicottato dall’Egitto e da tre dei suoi vicini del Golfo come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein: tutti lo accusano di sponsorizzare gruppi estremisti, tra cui i Fratelli Musulmani.

twitter@FDepalo

 


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