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Nessuno ferma Haftar che bombarda ancora. E sfiora i militari italiani

Secondo le informazioni raccolte da Agenzia Nova, un aereo da trasporto Iljushin 76 dell’aeronautica militare turca è stato colpito ieri da un missile di precisione mentre si trovava sulla pista dell’aeroporto di Misurata, sulla costa libica della Tripolitania, a duecento chilometri da Tripoli. Il missile, probabilmente lanciato da un drone, è caduto a meno di 600 metri dal luogo in cui l’Italia ha installato (nel 2016) un ospedale da campo che è servito per l’assistenza medica alle forze armate locali che sconfissero la dimensione statuale dello Stato islamico libico nella sofferta battaglia di Sirte — fu un’operazione ibrida, che ricevette copertura aerea da parte degli Stati Uniti, operanti sia tramite unità anfibie nel Mediterraneo che da Sigonella, e l’appoggio logistico italiano.

È la seconda volta in pochi giorni. L’attacco aereo di ieri su Misurata — un remake di quanto accaduto già il 27 luglio — è opera del signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, che colpisce l’aeroporto della città perché i misuratini sono le principali forze di protezione a Tripoli, dove si sono mosse per respingere l’assalto che l’autoproclamato Feldmaresciallo dell’Est ha lanciato quattro mesi fa per conquistare la capitale e rovesciare il governo che l’Onu vi ha insediato oltre tre anni fa.

Haftar è in difficoltà, lo scacco matto rapidissimo che aveva promesso ai suoi uomini e ai suoi sponsor internazionali (Egitto, Emirati Arabi, Arabia Saudita) non è arrivato anche per la vigorosa reazione dei misuratini, e ora cerca di allargare il fronte. L’attacco di ieri è stato il secondo su Misurata nel giro di pochi giorni, in un’area distante decine e decine di chilometri dal fronte della guerra civile (che per ora è posto nell’hinterland meridionale tripolino). Molto possibile che il cargo turco colpito stesse trasportando rinforzi militari a Misurata, che gode dell’appoggio dall’esterno di Qatar e Turchia (la guerra in Libia è diventata il principale terreno di scontro tra differenti visioni del sunnismo).

Va sottolineato ancora che Haftar — definito dal premier italiano “un interlocutore” — non ha avuto timore di andare a colpire in una zona prossima al posizionamento, ben noto da anni, della Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (Miasit). E non sarebbe la prima volta che l’aviazione haftariana sbaglia bersaglio nei bombardamenti (altre volte lo ha fatto colpendo obiettivi civili).

Poche ore dopo l’attacco, un C130J Hercules dell’Aeronautica, che sarebbe dovuto atterrare a Misurata per portare generi di necessità all’ospedale italiano, ha invertito la rotta ed è rientrato alla base di Pisa San Giusto. Perché? La pista non era inagibile, ma le forze armate italiane hanno voluto evitare problematiche di sicurezza?

Haftar ha spinto in diverse occasioni la retorica contro l’Italia — che diplomaticamente e politicamente sta con il governo onusiano — anche utilizzando l’ospedale, già definito un simbolo dell’occupazione militare italiana in Libia (propaganda, ovviamente, perché la presenza della postazione è stata concordata con Tripoli e Misurata). Qualche giorno fa, un razzo haftariano è finito contro l’albergo in cui alloggia il personale dell’ambasciata italiana. Intervistato dopo i fatti del 27 luglio da Lorenzo Cremonesi del CorSera, il colonnello Antonio Stasi (comandante della Task Force Ippocrate, che difende la Miasit) aveva precisato che le forze italiane non erano l’obiettivo diretto.


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