Il direttore di Libero Pietro Senaldi ne è convinto: l’antieuropeismo in fondo ha fatto il suo tempo e gli italiani più pragmaticamente votano Salvini per la flat tax e l’abolizione della legge Fornero. Per cui il guado da attraversare a questo punto della crisi di governo, ammette a Formiche.net, è capire quanto la scommessa leghista del trumpismo sia applicabile anche qui per far ripartire l’Italia, missione in cui tutti fino ad oggi hanno fallito.
Forza Italia dice no alla lista unica con la Lega: un errore?
No, perché la lista unica nell’idea della Lega ripercorre l’annessione fatta da Berlusconi con il Pdl per inglobare Alleanza Nazionale, neutralizzando tutti gli altri partner. Ma quel passaggio, che ieri segnò la fine ideale del centrodestra e di Berlusconi stesso, oggi lo ripropone Salvini. Da un certo punto di vista il Cav non può fare solo il portatore d’acqua alla Lega: può accettare di essere un socio di minoranza, ma non un dipendente.
Toti è una risorsa per la Lega e un problema per FI?
È un buon amministratore locale, non credo sia un grosso problema per FI. L’alleanza rinnovata Lega-FI ha lasciato Toti scoperto, non escludo che una delle ragioni per cui Berlusconi vuole il voto anticipato è perché così taglierà le gambe a tutti gli scissionisti. Toti ora potrà trovare la sua collocazione come un satellite della Lega, avrà il suo collegio ma non una mini lista in grado di arrivare al 3%. Per cui dovrà decidere se restare in Liguria o fare il peones in Parlamento.
In pochi giorni la destra italiana è passata dal progetto del polo sovranista Lega-FdI ad un nuovo Pdl a trazione salviniana: come far convivere i popolari filo europei con i salviniani anti Ue?
Questo schema aiuta Salvini. Credo che l’europeismo abbia fatto un po’ il suo tempo, gli italiani più pragmaticamente votano Salvini per ragioni interne, come la flat tax e l’abolizione della legge Fornero, che non per la sua contrapposizione all’Ue. Misure che in fin dei conti sono assimilabili al primo berlusconismo. E il fatto di avere in coalizione il Cav può anche aiutarlo a livello europeo, posto che i rapporti di Berlusconi con l’Ue non sono stati facilissimi. Non dimentichiamo che l’Europa ha giocato un grande ruolo nella sua defenestrazione del 2011.
Chi ha paura di un destra-centro unito che giunga al 50%?
Chi perderebbe il suo potere e le proprie posizioni.
Un governo così, stabile e duraturo per l’intera legislatura, potrebbe ovviare all’aumento dell’Iva e alle clausole?
Premesso che sono ipotesi largamente premature, credo che il centrodestra unito ha il vantaggio di avere una sua identità unica con un programma economico condiviso. Il problema non è come disinnescare le clausole, troveranno insieme il modo di farlo: il nodo è come far ripartire l’Italia, obiettivo mancato da tutti sino ad oggi, visto che il debito pubblico è aumentato, che Monti ha fallito e che Renzi ha intercettato una ripresa globale in cui noi crescevamo meno degli altri. Per cui il guado da attraversare a questo punto della crisi di governo è capire quanto la scommessa leghista del trumpismo sia applicabile anche qui. Gli Usa sono un Paese che tollera malati che non vengono curati e gente che dorme per strada, l’Italia no perché vi è una maggiore solidarietà sociale. Tutto ciò avrà un costo.
Zingaretti e Renzi dove porteranno il Pd?
Il Pd non mi ha mai dato l’immagine della stabilità, sin dal suo primo giorno. Credo ci sia uno scontro di leader: tra i due la personalità ce l’ha Renzi, anche se ha esaurito la sua carica di novità e il suo feeling con il Paese. Zingaretti non è entrante come l’ex premier e non ha nemmeno la sua visione politica: non va dimenticato che Renzi aveva comunque una rotta seria, perimetrata nel referendum che, nonostante i difetti, avrebbe dato un’altra veste all’Italia e aveva una certa compostezza. Il segretario del Pd è meno leader, ma in questo momento la storia è più con lui in virtù della sua vicinanza all’anima degli elettori di sinistra. Tanto è vero che solo i sondaggi negativi frenano Renzi dal farsi il proprio partito.
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