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L’asse Usa-Ucraina e il caso whistleblowing. Ecco le mosse di Trump e Zalensky

“Sembra” che il presidente americano Donald Trump dedicherà uno degli incontri a latere dell’Assemblea generale della Nazioni Unite al collega ucraino Volodymyr Zelensky. L’appuntamento sarebbe fissato per mercoledì 25 settembre, durante i giorni più intensi della maxi riunione di New York. Una fonte che sceglie l’anonimato conferma a Formiche.net quello che il quotidiano ucraino Dzerkalo Tyzhnia ha scritto per primo sull’incontro, ma lascia spazio a variabili (da questo il virgolettato iniziale: “Sembra”).

D’altronde Trump ha abituato a colpi di scena. Sul tavolo dei colloqui, lato ucraino, ci sono gli argomenti di sempre. Sotto questo punto di vista, la presidenza del populista Zelensky – per cui pare Trump abbia simpatia personale, valore aggiunto cruciale per le relazioni con la Casa Bianca attuale – non cambia troppo la linea della pretendete. Kiev chiede a Washington appoggio e sostegno, sia militare, che politico, che economico.

Ora altre “variabili” più importanti. Se l’ordine di complessità generale riguarda gli equilibri con la Russia – Trump non vuole sbilanciarsi troppo sull’Ucraina per non indispettire Mosca con cui vuole aggancio di livello strategico globale, ma allo stesso tempo vorrebbe incassare una qualche pace nel Donbas da rivendere in campagna elettorale, e forse per questo continuerà a fare un gioco a doppio binario – l’attualità porta a galla anche un’altra bega.

La denuncia, sotto le coperture legali del whistleblower complaint, fatta da un funzionario dell’intelligence che durante una telefonata di fine luglio tra Trump e un “leader straniero” per cui si fa con insistenza il nome di Zelensky, avrebbe intercettato una promessa troppo lanciata del presidente americano e per questo avrebbe presentato un esposto. Prima di andare avanti: quello che stava facendo l’agente è legale, le conversazioni vengono ascoltate nel quadro articolato di quel sistema di checks&balances che proteggono la democrazia americana, e lo stesso Trump definendo tutta la storia una “fake news” ha detto che non farebbe mai passi falsi sapendo di essere ascoltato.

Sostanzialmente sembra, dalle informazioni ottenute dai principali media americani, che Trump abbia chiesto all’ucraino di spingere le indagini dell’anticorruzione contro Joe Biden, il suo più importante rivale democratico e suo figlio Hunter Biden (ex membro del CdA di una società ucraina del gas). Gli aspetti sostanziali della vicenda non sono chiari, sebbene dal readout della telefonata si evince che si sia parlato di “indagini sui casi di corruzione, che hanno inibito l’interazione tra Ucraina e Stati Uniti”.

Tre Commissioni della Camera (a controllo Dem) hanno già avviato indagini congressuali perché temono che Trump e il suo cyber-man, Rudy Giuliani, abbiano cercato di influenzare il governo ucraino nel tentativo di ottenerne un tornaconto politico – l’inchiesta sui Biden, accusati a loro volta di aver fatto pressioni su un procuratore che stava indagando sulla società per cui lavorava Hunter, potrebbe mettere in cattiva luce il democratico più forte sul campo e per questo Trump avrebbe voluto spingerla promettendo qualcosa in cambio; sono queste le insinuazioni.

Giuliani, durante un’intervista alla CNN, è scivolato ammettendo parzialmente che certe pressioni erano state esercitate. Ora le stesse rischiano di diventare un problema per il meeting con Zelensky, ma l’incontro d’altra parte potrebbe essere l’occasione con cui Trump cerca di dimostrarsi estraneo ai fatti.

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