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Non solo 5G. Lo scontro Usa-Cina coinvolge (anche) l’Italia

Dietro l’apparenza di un semplice scontro commerciale, le tensioni tra Usa e Cina sul 5G celerebbero un crescente conflitto globale fra due civiltà e due modi di intendere la persona, l’impresa e lo Stato: quella occidentale, che pone al centro il cittadino e i diritti dell’individuo, e quello asiatico, dai tratti autoritari, che al giorno d’oggi definisce sempre più l’essere umano dalla sua capacità di consumare e produrre, rivolgendo scarsa attenzione ad aspetti come la privacy.

L’ATTENZIONE DEL COPASIR

Le sorti di questo braccio di ferro – si è detto alla Camera durante un convegno su 5G, competività e sicurezza nazionale organizzato da I-Com, think tank presieduto da Stefano da Empoli – non sono ancora decise, ma è fondamentale che Italia ed Europa si attrezzino e facciano sentire la loro voce.
Il 5G sarà un grande business, con una portata innovativa notevole perché, si legge nel paper presentato da, I-Com, “garantirà una velocità di trasferimento dei dati fino a 100 volte superiore, una riduzione della latenza che la avvicina allo zero e la gestione di un milione di dispositivi in 1 km quadrato. Partendo da queste caratteristiche, la nuova tecnologia abiliterà una serie di servizi che accelereranno lo sviluppo dell’Internet of things. Citando dati della Commissione europea lo studio parla di benefici sino a 113 miliardi di euro l’anno già dal 2025, tra cui fino a 42 miliardi dall’automotive, fino a 30 miliardi dalla digitalizzazione di fabbriche e uffici e oltre 16 miliardi dai trasporti e dalle smart cities.
Ma non sfuggono i rischi collegati all’assenza di una diffusa consapevolezza dei pericoli digitali (aspetto toccato dal presidente della Commissione Telecomunicazioni a Montecitorio Alessandro Morelli), ma soprattutto all’aumento della superficie d’attacco. Per questo, da tempo, ha sottolineato Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, il comitato parlamentare di vigilanza sui servizi di intelligence, la questione dell’impatto tecnologico – spia secondo il senatore del citato scontro di civiltà – è al centro del lavoro della Commissione di Palazzo San Macuto, che sotto la presidenza di Lorenzo Guerini (oggi ministro della Difesa) ha avviato una indagine conoscitiva sul tema cyber che ha audito tra gli altri il colosso cinese Huawei, che gli Stati Uniti considerano un pericolo per la loro sicurezza e quella degli alleati, perché ritenuta troppo vicina ai vertici di Pechino.

IL DECRETO CYBER

Sul tema della sicurezza delle reti, il governo ha appena approvato un decreto legge che, ha ricordato il segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Chieppa, crea un perimetro di sicurezza cibernetica non solo per il 5G, ma anche in settori ad alta intensità tecnologica. Un percorso “in progress”, lo ha definito, che potrebbe concludersi più celermente di quanto previsto e che è “certamente migliorabile con correzioni e aggiustamenti” che arriveranno dal Parlamento in sede di conversione. Poi una precisazione, giunta dopo la richiesta, da parte degli operatori, di un quadro giuridico certo, dopo il ritiro di alcuni provvedimenti negli scorsi mesi. Chieppa ha “difeso” l’adozione del golden power sul 5G ricordando che era l’unica “disciplina immediata” che potesse essere utilizzata nel momento di massima crisi tra Washington e Pechino e ha anche aggiunto che si è cercato di “essere il meno invasivi possibile”, visto che la misura “non ha impedito la sottoscrizione dei contratti”. Adesso, in ogni caso, il nuovo decreto “inizia”, secondo l’alto funzionario, “a completare il quadro”.

IL RUOLO DELL’INTELLIGENCE

Il provvedimento ha come pilastri certificazione e monitoraggio di tutte le apparecchiature che verranno introdotte in reti e sistemi di servizi che, se fermati, possono impattare sul Paese e sulla sua sicurezza nazionale.
Per questa ragione, ha evidenziato il vicedirettore del Dis con delega alla cyber security, il professor Roberto Baldoni, l’intelligence italiana (nella quale è oggi incardinato il Nucleo per la Sicurezza Cibernetica), svolge assieme a Palazzo Chigi e al Mise – che invece avrà la responsabilità di gestire il Centro Nazionale di Valutazione e Certificazione, il Cvcn – un ruolo centrale.
Su questi punti, evidenzia il paper I-Com, la parola d’ordine è “fare presto”. Considerato l’orizzonte attuativo previsto dal decreto cyber (il regolamento deve essere adottato entro 10 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e dall’entrata in vigore dello stesso decorrono ulteriori 60 giorni per valutare se intervenire apponendo nuove prescrizioni o modificando quelle già fissate in contratti già autorizzati), secondo il think tank, “si palesa il rischio, neanche troppo astratto, di creare un clima di generale incertezza in grado di impattare negativamente sugli investimenti e lo sviluppo delle reti 5G. Per questo, appare fondamentale tra le altre misure accelerare l’operatività del Cvcn”.
In questa fase di transizione, ha specificato Baldoni, il ponte tra Golden Power e norme relative al perimetro serve soprattutto per non lasciare pericolosi vuoti. Ma nel prossimo futuro, quando il percorso del decreto sarà ultimato, ci si troverà di fronte a uno strumento utile e versatile per operare uno scrutinio su reti e sistemi cruciali per la sicurezza del Paese. L’obiettivo, ha rimarcato il vicedirettore del Dis, è riuscire a creare un contesto nel quale l’Italia e i suoi campioni nazionali possano coniugare crescita e competività con la protezione dei propri asset più delicati. Un compito non facile in tempi di globalizzazione spinta, che ha portato a supply chain tanto ampie e variegate da essere talvolta fuori controllo. E questo è un rischio, ha detto Baldoni, che una nazione come l’Italia non può e non deve correre.

LA DIFESA SI RAFFORZA

Ci troviamo nel mezzo di una importante partita geopolitica, ha sottolineato in conclusione il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo, “perché il potere appartiene a chi ha le informazioni”. In questo senso, si assiste “a una guerra per entrare nel club delle potenze cyber, come in passato abbiamo assistito a quella per diventare potenze nucleari”. Dal decreto Monti, passando per quello Gentiloni fino ad arrivare al Dpcm approvato giovedì scorso, “l’Italia”, ha detto Tofalo, “ha compiuto un percorso importante per rafforzare la sua sicurezza nel dominio cyber. Una trasformazione”, ha aggiunto, “che vede pienamente impegnata anche la difesa, che nei prossimi mesi vedrà innalzato anche il livello del proprio comando cyber. Servono meno carri armati e più esperti informatici”. La guerra digitale è ormai una realtà.

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