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Base riformista, ecco la corrente diversamente renziana al governo

Se siano diventati, per così dire, diversamente renziani non è ancora chiaro, ma certo all’interno della variegata galassia delle correnti del Partito democratico c’è un gruppo di dirigenti – tradizionalmente vicini all’ex premier – che in questa fase si sta muovendo da protagonista, dentro e fuori il Pd. E i risultati, a giudicare dalla composizione del governo giallorosso di Giuseppe Conte, si vedono. Si tratta di Base Riformista, l’area politica che fa capo allo storico braccio destro di Matteo Renzi, Luca Lotti, il quale, per la verità, nelle ultime settimane di trattative febbrili è rimasto lontanissimo dai riflettori come conferma il suo account twitter dal quale di recente è partito un solo cinguettio per festeggiare la vittoria della Ferrari al Gran Premio di Monza.

Non lo stesso, però, si può dire della sua corrente che ha ottenuto una rilevante rappresentanza all’interno del nuovo esecutivo, con la nomina di Lorenzo Guerini a ministro della Difesa e di Simona Malpezzi, Salvatore Margiotta e Alessia Morani a sottosegretari: la prima è andata ai Rapporti con il Parlamento, il secondo alle Infrastrutture e la terza allo Sviluppo economico. Un risultato festeggiato sugli account social di Base Riformista che pone, però, qualche quesito in questa fase di grande dinamismo in casa dem dove è tornata a circolare con insistenza la voce che Renzi si appresti a lasciare il Pd per fondare un suo movimento (qui la nostra conversazione con Claudio Velardi).

Ipotesi tutta da confermare sulla quale, comunque, si sprecano i rumors che descrivono l’ex presidente del Consiglio intenzionato prima a formare gruppi autonomi alla Camera e al Senato e poi ad annunciare, forse già alla prossima Leopolda di metà ottobre, la nascita della sua nuova creatura politica. Nel caso che Renzi decidesse alla fine di sciogliere la riserva e di andare per la sua strada, Lotti e il suo gruppo lo seguirebbero oppure no? Domanda alla quale è pressoché impossibile rispondere in questo momento – tanto più che non è neppure sicuro che l’ex presidente del Consiglio opti per questa soluzione – ma certo il dubbio in prospettiva si pone. Perché gli esponenti di Base Riformista, soprattutto nelle ultime settimane, sono andati connotandosi sempre di più per un profilo autonomo e responsabile all’interno del Pd e durante il dialogo con i cinquestelle, caratterizzato più dalla propensione al dialogo che dalla vocazione alla polemica e allo scontro.

Un atteggiamento certamente apprezzato da Nicola Zingaretti, impegnatissimo a mantenere un clima di confronto e di unità dentro il partito e non solo. In un certo senso sembra quasi che il renzismo, nel tempo e poi più plasticamente nel corso della crisi di governo, sia andato articolandosi in due distinte gambe: quella originale che fa capo a Renzi e Maria Elena Boschi e la seconda, di cui si parla meno sui giornali ma certamente rilevante nelle dinamiche carsiche del Pd, rappresentata da Base Riformista. Ora rimane solo da stabilire se si tratti di due facce della stessa medaglia o, direttamente, di due medaglie ormai diverse.

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