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Il green new deal è un affare di Stato. Il caso Germania visto da Galletti

Investire nella green economy e nella sostenibilità industriale è la vera sfida del futuro, su questo non ci piove. L’Italia del governo giallorosso ha da poche settimane lanciato la sua personale crociata per un Green new deal, un solido pacchetto di investimenti con il quale consegnare il prima possibile l’era del carbone ai libri di storia (qui l’intervista di qualche giorno fa all’economista ed ex ministro Alberto Clò). L’operazione non è facile perché per investire bisogna avere soldi e l’Italia che vanta il terzo debito sovrano al mondo, non ne ha molti. Dovrebbe farlo in deficit ma questo complicherebbe la trattativa con l’Ue per la flessibilità da usare in manovra. Il premier Conte, appoggiato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, punterebbe a uno scorporo di tale spesa dal calcolo del disavanzo, al fine di non affossare i conti nel nome della sostenibilità. La Germania ormai prossima alla recessione, ha invece un’altra idea: trasformare lo Stato in un gigantesco veicolo per raccogliere i denari dal mercato e girarli alle imprese che investono nel verde. Qualcosa, ad essere volenterosi, di importabile anche in Italia.

MODELLO GREEN ALLA TEDESCA

Pochi giorni fa il governo tedesco ha annunciato di voler investire nella sostenibilità ambientale e industriale, la bellezza di 100 miliardi di euro, praticamente il costo di due manovre e mezzo, per diminuire le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, riportandosi in linea con gli accordi di Parigi. Risorse che difficilmente si possono attingere per intero dal bilancio pubblico e così, nelle ore in cui Greta Thunberg ha attaccato all’Onu i leader dei grandi Paesi rei di aver fatto troppo poco per la salute del pianeta, il ministro dell’Economia tedesco, Peter Altmaier, ha lanciato nei giorni scorsi un’idea che sta facendo discutere il suo stesso partito, la Cdu-Csu della cancelliera Angela Merkel: lanciare maxi-emissioni di obbligazioni verdi o green bond fino a 50 miliardi di euro con cedola al 2%. La filosofia di base è utilizzare le agenzie federali come veicoli di investimento, così da tenere gli investimenti separati dalla contabilità pubblica. I 50 miliardi di cui sopra  non finirebbero così nel calderone del debito pubblico tedesco.

Il veicolo immaginato da Altmaier in Germania dovrebbe assumere le sembianze di una fondazione che una volta raccolti i fondi dai privati tramite sottoscrizione di capitale a mezzo bond, li dovrebbe trasformare in prestiti da concedere alle imprese che finanziano progetti per il taglio delle emissioni serra. La sottoscrizione di capitale dovrebbe spaziare da un minimo simbolico di 5 euro a un massimo di 10 milioni. Il governo di Berlino parteciperà al capitale della fondazione per 5 miliardi. Alla fine ogni prestito potrebbe avere un importo massimo di 50 milioni di euro per un totale finanziamenti non potrà superare la soglia dei 50 miliardi.

LA VERSIONE DI GALLETTI

Formiche.net ha sentito in merito l’ex ministro dell’Ambiente nei governi Renzi e Gentiloni, Gian Luca Galletti. “Il futuro è la green economy, non c’è più dubbio. Vedo bene un intervento dello Stato per aiutare questo cambiamento, anche se non basta, serve una rivoluzione culturale che parta dal basso e dall’alto. E quando dico alto intendo incentivi fiscali alla green economy. Meno tasse e più incentivi fiscali per accompagnare chi vuole investire nella sostenibilità. Questo sarebbe un intervento dello Stato ottimale in chiave verde”, spiega Galletti. “Lo Stato può fare molto, può fare tanto, per esempio portare fuori dal Patto di Stabilità gli investimenti nell’ambiente. Incentivi fiscali, ruolo dello Stato e investimenti green fuori dal calcolo del disavanzo, questa è la via maestra”.

La svolta green passa inevitabilmente dalle aziende, che sono le prime a dover sostenere investimenti nella sostenibilità. “Oggi i privati hanno bisogno di investire e spesso vengono accompagnati dalle banche in questo. Il punto è che si tratta di investimenti molto onerosi, non banali, che però hanno un loro ritorno nel tempo, visto che alla fine si consuma di meno e si risparmia. Però le aziende devono essere supportate in questo, non basta la banca, serve appunto una forma di incentivo fiscale, che funga da garanzia per tutte le imprese che decidono di aggiornare in chiave sostenibile il proprio business, in Germania mi pare si vada in questa direzione”. L’ex ministro si sofferma anche sui lavori all’Onu, che in questi giorni hanno visto protagonisti il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

“Siamo all’ultima chiamata e non ce lo dice Greta Thunberg, ma lo dicono gli scienziati del mondo. Se continuiamo così entro il 2100 la temperatura del globo aumenterà di cinque gradi. In questo momento però l’ultima cosa che dobbiamo fare è creare paura”, spiega Galletti, “dobbiamo semmai far capire che investire nel verde è un’opportunità oltre che una leva per la competitività: se io miglioro il mio sistema produttivo, lo rendo più efficiente io non ho più un costo ma ho un ricavo. Se io utilizzo meno acqua e meno elettricità ho un costo di produzione minore del mio concorrente. Dobbiamo vedere la transizione energetica come un’opportunità. Sarà anche lunga e faticosa ma alla fine avremo aziende più competitive e un mondo migliore”.

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