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Cosa si aspetta Bruxelles dal Conte 2? Lo spiega Silvia Sciorilli Borrelli (Politico.eu)

“Non è ancora chiaro come finirà domani: l’Italia con Paolo Gentiloni penso otterrà un portafoglio di peso, secondo le ultime voci potrebbe trattarsi addirittura degli Affari economici e monetari che negli ultimi cinque anni sono stati guidati dal francese Pierre Moscovi“. Silvia Sciorilli Borrelli è la corrispondente dall’Italia di Politico.eu, la più influente testata giornalistica specializzata sugli affari europei. “Per ora sono solo rumors, ma certo sarebbe una novità importantissima: il nostro Paese tornerebbe ad avere un ruolo centrale in Europa, sarebbe il modo per questa Commissione di assicurarsi la fedeltà dell’Italia per i prossimi cinque anni”, ha commentato ancora in questa conversazione con Formiche.net Sciorilli Borrelli, per la quale comunque l’indicazione di Gentiloni è la migliore che da Bruxelles potessero attendersi: “Per come si era partiti – con la prospettiva di un commissario leghista – l’ex presidente del Consiglio italiano, conosciuto e stimato in Europa rappresenta il miglior punto d’arrivo possibile per Ursula Von der Leyen“. Che domani renderà nota la composizione della sua squadra con l’ufficializzazione delle rispettive competenze.

Intanto Giuseppe Conte si accinge a ottenere la fiducia da parte del Parlamento italiano. Com’è stato accolto a Bruxelles il suo ritorno a Palazzo Chigi ma alla guida della nuova maggioranza giallorossa?

Per l’Europa qualsiasi soluzione sarebbe stata meglio di un governo Salvini o di Salvini al governo. Quindi certamente bene. Giuseppe Conte è stimato a Bruxelles, è stato bravo a costruirsi ottimi rapporti in questi quattordici mesi. E poi la presenza del Partito democratico all’interno di questo governo è un fattore che tranquillizza, basta pensare a figure come Roberto Gualtieri o Enzo Amendola che hanno assunto la responsabilità di ministeri in questo senso fondamentale.

E il movimento 5 stelle? 

Il discorso è diverso: per la prima volta si sta presentando come partito europeista ma fino a poco tempo fa non era così. Un po’ di scetticismo continua a esserci, si tratta pur sempre di un movimento guidato da un esponente politico, Luigi Di Maio, che qualche mese ha incontrato i gilet gialli. Allo stesso tempo, però, a Bruxelles nutrono la speranza che un esecutivo fondato sui valori europei, guidato da Conte e sostenuto dal Partito democratico possa in qualche modo rendere i cinquestelle davvero europeisti.

Però i pentastellati hanno pur sempre votato a favore di Von der Leyen. Non è sufficiente?

E’ stato un voto decisivo e, per questa ragione, tanto più apprezzato. Ma non dobbiamo dimenticare che fino al giorno prima non si sapeva cosa avrebbero fatto, non è neppure da escludere che abbiano deciso di sostenere Von der Leyen per un puro calcolo di politica interna, e cioè per distinguersi dalla Lega e marcare la loro distanza da Matteo Salvini. Quello è stato il punto di svolta, ma improvviso e, credo, pure poco ponderato. Certo, ha contribuito a gettare le basi per un rapporto migliore di quello che c’è stato in passato tra gli stessi cinquestelle e Jean-Claude Juncker.

Possiamo dire che Bruxelles si attende dai cinquestelle un salto di qualità dal punto di vista dell’europeismo?

Assolutamente sì, il problema però sarà verificare se questo salto di qualità riuscirà a farlo pure il governo nella sua interezza. L’economia e le migrazioni erano temi ostici per i gialloverdi e lo saranno anche nei prossimi mesi. Bisognerà vedere se questi argomenti saranno affrontati in modo costruttivo e differente dal passato. Le condizioni affinché il quadro cambi ci sono, ma l’Italia dovrà comunque tendere verso il pareggio di bilancio mentre gli Stati di Visegrad stanno continuando, almeno per ora, a porre il loro veto alla riforma del Trattato di Dublino. I problemi sul tavolo non sono cambiati.

Come e perché il nuovo ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, si candida a essere una delle figure chiave del dialogo tra Roma e Bruxelles? 

Come presidente della commissione Problemi economici e monetari, è riuscito a mediare, spesso con successo, tra le posizioni dei vari Paesi europei e dell’eurozona. Le sue capacità tecniche e di dialogo sono riconosciute e apprezzate. Averlo mandato al Mef è strategico per l’Italia: uno dei compiti principali del ministro dell’Economia è trattare con Bruxelles e muoversi con astuzia e capacità nei palazzi europei per cercare di negoziare punti decimali di deficit, evitare procedure di infrazione e od ottenere flessibilità. Davvero l’uomo giusto al posto giusto.

Ma l’Europa cosa si attende, in fin dei conti, dal nuovo governo Conte?

Principalmente che l’Italia torni a giocare un ruolo centrale in Europa. Nei quattordici mesi del governo gialloverde è come se ci fossimo auto-esclusi: ai tavoli che contano il nostro Paese aveva sempre meno peso, per il clima di tensione che si era creato e per la presenza della Lega verso la quale c’era una notevole diffidenza. Adesso ci si attende che l’Italia possa tornare a partecipare attivamente a tutti i negoziati. Ma c’è un però.

Quale?

In Europa fanno ancora troppa fatica a capire le dinamiche della politica interna italiana. Adesso sono tutti molto soddisfatti di questa soluzione ma non si rendono pienamente conto che l’elettorato continua a guardare alle istituzioni europee con scetticismo. E’ questo l’aspetto su cui occorre lavorare di più, bisognerà vedere se questo governo che riceve il plauso di Bruxelles riuscirà a piacere anche agli italiani e a varare le riforme che si è proposto di fare. Se non ci riesce, quello di questi giorni rischia di essere per l’Europa un sollievo di corto respiro.

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