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Tutti i sospetti su Pechino per il cyber attacco alle istituzioni australiane

Ci sarebbe la mano di Pechino dietro gli attacchi informatici che nei mesi scorsi, prima delle elezioni generali dello scorso maggio, hanno colpito il parlamento e i tre maggiori partiti politici di Canberra. A giungere a questa conclusione, secondo informazioni raccolte e pubblicate in esclusiva da Reuters, che cita funzionari a conoscenza del dossier, sarebbero stati gli stessi servizi di sicurezza australiani.

TENSIONI CRESCENTI

Tra Cina e Australia, Paese che fa parte dell’alleanza anglofona di infosharing dei Five Eyes, le tensioni sono elevate da tempo e sono aumentate dopo che Canberra ha chiuso le sue porte ai colossi cinesi Huawei e Zte per lo sviluppo delle proprie reti 5G (tema sul quale Cina e Stati Uniti sono a uno scontro dai contorni globali). Più di altre nazioni, l’Australia soffre il peso dell’ingombrante vicino, al quale è legato da intensi scambi commerciali agevolati dalla prossimità geografica.

LEGAMI FORTI

Pechino, primo partner commerciale di Canberra, è il più grande acquirente di minerale di ferro, carbone e prodotti agricoli australiani. Ciò si traduce nell’acquisto di oltre un terzo delle esportazioni totali del Paese. Ma l’influenza cinese sulla nazione è anche culturale e demografica. Oltre un milione di turisti e studenti cinesi passa ogni anno dal territorio australiano.

IL REPORT DELL’ASD

Questa nuova notizia è destinata senz’altro a peggiorare la situazione. Secondo il rapporto approntato dall’agenzia di intelligence informatica australiana – l’Australian Signals Directorate (Asd) – gli attacchi che hanno colpito il Paese sarebbero stati sferrati proprio dal ministero per la Sicurezza di Stato cinese (Guojia Anquan Bu), l’agenzia di intelligence, sicurezza e polizia segreta della Repubblica popolare cinese (con focus non militare), responsabile del controspionaggio, dell’intelligence estera e della sicurezza politica.
Tra le conclusioni riportate nell’indagine (che non è stata confermata pubblicamente), ci sarebbe stata anche la raccomandazione di tenere segreti i rilievi australiani, per non alimentare le tensioni con Pechino, che nega ogni addebito. Anche per questo il governo di Canberra aveva rifiutato nei mesi scorsi di attribuire pubblicamente gli attacchi dei quali ora si parla.

UNA MINACCIA ESISTENZIALE

Prima di andare in pensione questo mese, ha raccontato Formiche.net, il direttore generale dell’Australian Security Intelligence Organisation (Asio), Duncan Lewis, ha spiegato la portata della sfida che vive Canberra dicendo che lo spionaggio avrebbe creato per l’Australia una “minaccia esistenziale”, peggiore di quella rappresentata dal terrorismo. E, pur senza mai pronunciare la parola “Cina”, il riferimento è apparso chiaro a molti addetti ai lavori: la crescente potenza e presenza militare della Cina in tutta l’Asia-Pacifico ha creato scompiglio tra gli agenti dell’intelligence e i politici australiani e, secondo gli osservatori di cose estere, il report dell’Asd ne è la dimostrazione, unito al crescente potere militare della Repubblica Popolare, che cerca di soppiantare l’influenza del rivale americano nella regione.
Un concetto, quest’ultimo, riassunto a questa testata dallo storico e saggista Giulio Sapelli, secondo il quale la riforma delle forze armate di Pechino, rafforzando la Marina, “ha dimostrato tutta l’aggressività geopolitica cinese soprattutto nei confronti del Mar Cinese Meridionale, una questione estremamente rilevante per Canberra e non solo”.


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