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Formazione culturale o addestramento? La lettura consigliata dal gen. Arpino

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare…”. Ma lasciamo subito D’Annunzio ai suoi pastori e pensiamo ai nostri ragazzi che questo mese si ripresentano a scuola, dove – loro non lo sanno – un destino incerto li attende. Quali saranno le novità? Infatti, come spesso accade nel nostro tanto amato quanto sfortunato Paese, le scuole riaprono con un governo nuovo. E quindi con un nuovo ministro della pubblica istruzione, dell’università, della cultura, della ricerca scientifica o che dir si voglia. Per il nome da dare al dicastero la fantasia non manca mai, e nemmeno per i nuovi contenuti che ciascun ministro non ha mai mancato di apportare. Ovviamente, cancellando qualcos’altro. Ognuno, dopo che la vecchia – ma solida – riforma Gentile è stata progressivamente demolita, nel segno della modernità e del progresso deve lasciare la sua impronta.

Così, in un lungo inseguimento che prosegue da anni, i professori si sfiancano, la mente degli alunni si confonde e quindi i riferimenti certi – quelli che dovrebbero educare, formare e poi restare impressi per tutta la vita – di volta in volta sbiadiscono e vengono meno. Alla formazione culturale, lentamente sta subentrando una sorta di ‘addestramento’ a qualcosa che i ragazzi ancora non sanno cosa sia, il lavoro. Vogliamo parlare in termini ideologici? L’impressione è che si voglia trasformare i ragazzi in ’lavoratori’, restringendo progressivamente (fino a sopprimerla?) la fase della formazione culturale, quella che solo le humanae litterae (assieme ad una giusta dose di humanae scientiae) riescono ad imprimere. A quando la maturazione interiore, la consapevolezza di se stessi e delle proprie origini? Tutto rimandato, a tempo indeterminato.

Ma Adele Fraracci e Antonella Presutti, docenti rispettivamente di Storia e Filosofia ed Italiano e Latino nei Licei di Campobasso, non ci stanno. Credono fermamente in qualcosa e, come dice San Paolo, hanno deciso di combattere fino in fondo la “buona battaglia”. Per loro, ogni ulteriore passo nella strisciante sostituzione della cultura con la tecnica è un nuovo sorso di cicuta che il vecchio Socrate, maestro di dialogo e di maieutica, viene costretto ad inghiottire. Alla fine, morirà davvero (forse anche nel ricordo), e con lui quella buona scuola (intendiamo quella vera) che avrebbe dovuto formare la nostra personalità ed ordinare la nostra mente nel fertile arco dell’adolescenza. Tutto questo le nostre due combattenti lo hanno scritto in chiaro in un libretto di novanta pagine, che loro modestamente chiamano ‘libello’. Piccolo, si, succinto, ma anche colmo di esperienza, di critiche ance salaci, di idee che – loro amaramente lo ammettono – con buona probabilità nei tempi attuali non tutti condivideranno.

Colpo su colpo, mettono in luce tutto ciò che la scuola dovrebbe essere, ma anche tutto ciò che la scuola non deve diventare. Con lucida spietatezza pongono sotto il riflettore i pochissimi pregi e le molte incongruenze – talvolta sovrapposte – dei provvedimenti ministeriali intrapresi in questi ultimi lustri, dimostrandone spesso l’inapplicabilità, anche quando positivi nell’intento. Apprezzano per esempio il reinserimento dell’educazione civica, in primis lo studio della Costituzione – da sempre uno dei loro cavalli di battaglia – ma restano scettiche sul fatto che, da legge, tutto ciò “non debba far derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Sono previste nel corso dell’anno 33 ore di insegnamento. Chi le impartirà? A discapito di quali materie? Le due prof già vedono nel mirino le humanae litterae, che effettivamente sono quelle che corrono il maggior rischio. Ora, con questo nuovo avvicendamento al vertice del Ministero dell’Istruzione, si dice che stia arrivando in soccorso un incremento di due miliardi dei fondi dedicati al Miur. Il nuovo ministro, già viceministro, è un professore laureato in filosofia, quindi le due autrici potrebbero bene sperare. Riuscirà nell’intento? Per reperire i nuovi fondi sembra intenda proporre una tassa su snack, merendine e bevande dolci. Così, almeno, ha dichiarato. Mah…

Le due autrici, in ogni caso, sono determinate e non intendono demordere. Con un po’ di amarezza, ma con giusto orgoglio e consapevoli che qualcosa deva cambiare, concludono cosi: “Altrimenti significherà che questo libello diventerà un patrimonio della Memoria cui attingere per capire e casomai tra una decina di anni tornare indietro e reimpostare o sennò, vedete voi, metterlo al rogo. Noi ve lo abbiamo detto e ridetto che non si sta andando nella direzione giusta!”

Ora, i nostri lettori ci devono permettere un consiglio: leggetelo, questo libello. È illuminante, ne vale la pena. E fatelo presto, prima che al rogo ci vada davvero!

 

RIDARE LA CICUTA A SOCRATE. Sulla scuola. Editore Rubbettino, 2019 – pagg. 91, Euro 12. Adele Fraracci e Antonella Presutti, professoresse rispettivamente di Storia e Filosofia ed Italiano e Latino presso i Licei di Campobasso, sono anche saggiste, editorialiste e scrittici. Nell’ambito della cittadinanza, sono impegnate in diverse attività a favore dei giovani.

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