“Dev’essere l’Italia ad avere l’ultima parola sull’uso dei mezzi dell’agenzia Frontex e a Varsavia ho trovato la disponibilità a fare sinergia con gli Stati di confine”. Eugenio Zoffili (Lega), presidente del Comitato Schengen e nuovo capogruppo nella commissione Esteri della Camera, al ritorno da due giorni di missione del Comitato in Polonia è più che mai convinto che l’unica politica migratoria sia quella messa in pratica da Matteo Salvini. Con lui erano Filippo Perconti (M5s), Laura Ravetto (FI) e Cristiano Zuliani (Lega), assistiti dall’ambasciatore italiano in Polonia, Aldo Amati.
Zoffili, quale fotografia vi hanno fornito dall’osservatorio privilegiato di Frontex?
Ci hanno descritto le attività svolte sui confini esterni in Europa e fornito i dati dei flussi fino al 15 settembre: c’è stato un crollo evidente, parlano i numeri e nei vari colloqui ci hanno detto che le politiche dello scorso governo, quindi quelle di Matteo Salvini, sono state efficaci sul contrasto all’immigrazione. Il briefing nella sala operativa è stato condotto dal tenente colonnello Emanuele Misiano della Guardia di Finanza: tra i dati principali, l’anno scorso Frontex ha rimpatriato 13.729 migranti illegali (nel 2017 erano stati 14.189) e ha arrestato 1.157 trafficanti di esseri umani. L’anno scorso in tutto il Mediterraneo sono arrivate 150.100 persone, l’anno precedente erano state poco meno di 205mila.
In che termini avete discusso del previsto aumento di mezzi di Frontex?
Il nuovo regolamento dell’agenzia europea porterà a un incremento di uomini sui confini e per questo ho sottolineato l’importanza della sovranità degli Stati: dove vengono dislocati, che cosa fanno e a chi rispondono. Una condizione imprescindibile dev’essere l’indicazione finale da parte dello Stato di confine.
Visto che Frontex è un’agenzia dell’Unione europea bisognerà trovare un accordo a livello comunitario.
Frontex, sulla base dei dati forniti da ogni singolo Stato, elabora delle analisi e si confronta su come gestire le proprie forze. Visto che in Italia ci saranno più uomini, scelti anche tra le nostre forze dell’ordine, non è giusto che l’ultima parola su come debbano essere impiegati sia dell’Italia? Ipotizziamo che un certo numero di uomini sia destinato a Lampedusa: l’Italia lo concorderà con l’Unione europea, ma deve poter dire quali sono le nostre reali necessità e indicare quindi ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno.
Il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, che cosa vi ha detto in proposito?
Leggeri mi ha assicurato che ci sarà una sinergia con gli Stati di confine e modellerà la sua struttura in questa ottica. È d’accordo anche il viceministro dell’Interno polacco Koslowski con il quale abbiamo analizzato i diversi tipi di approccio dei vari Stati dell’Unione sull’immigrazione.
Mentre eravate a Varsavia si chiudeva una bozza di accordo a Malta. Per lei è un passo avanti o no?
Quello che è stato deciso a Malta farà da “pull factor”, da fattore di attrazione per chi vorrà arrivare da noi. È un accordo pericoloso per l’Europa e l’Italia, si passa dalla chiusura all’apertura. È un tipo di politica che alimenta in Africa la voglia di venire nei nostri Paesi da parte di chi non ha titolo per essere riconosciuto come rifugiato. Negli incontri avuti a Varsavia ci hanno detto che la politica dei porti chiusi rappresentava un messaggio arrivato fino ai trafficanti e le partenze sono calate. Non credo alla rotazione dei porti, chi parte invogliato da questo genere di politica finirà solo in Italia.
Nelle scorse settimane ha visitato Lampedusa e Ventimiglia. Che situazione ha trovato al confine con la Francia?
A Ventimiglia ho visto il confine chiuso, le automobili incolonnate e i gendarmi francesi che le controllavano una a una. Sul lato italiano ho visto la collaborazione della nostra Polizia con quella francese e un campo della Croce rossa che offre un grande aiuto di accoglienza alle persone respinte dalla Francia e che, altrimenti, si riverserebbero nelle strade di Ventimiglia e in tutta l’area. Questa è la realtà, ci torneremo.