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Il governo? Farlo in fretta. Conte? Ha imparato il mestiere. Parla Renzo Lusetti

Chi si ferma è perduto. A parlare con Formiche.net è uno dei pochi, non c’è dubbio, che di politica ne capisce. Renzo Lusetti, è stato capo dei giovani democristiani, in Parlamento è arrivato a 28 anni, ha attraversato la prima e la seconda Repubblica e nel 2013 ha scelto di non ricandidarsi. Impegnato come dirigente d’impresa, non smette di seguire le vicende del dibattito pubblico (molti dei protagonisti sono suoi amici) e sulla crisi in corso spiega che tornare indietro non si può, e non si deve, aggiunge. Mancano poche ore all’ultimatum posto da Mattarella e Conte per dirimere le controversie e presentarsi al Colle con un programma di governo vero e non scarabocchiato all’ultimo secondo.

Lusetti, come escono Pd e Cinque Stelle da queste estenuanti ore di negoziati?

Non ne escono benissimo ma non hanno altra scelta, devono fare il governo e devono farlo in fretta. Il Quirinale li ha messi in guardia: più si attende più si rischia. Un passo indietro può essere mortale.

Trionfo della politica o delle manovre di palazzo?

Meno male che c’è la politica, che è sempre fatta di compromessi. Il ribaltone ci sarebbe stato se i rapporti di forza fossero stati alterati ma così non è. Peraltro Salvini dovrebbe ricordare che nasce tutto da un suo errore.

Dove è inciampato secondo lei?

Ha aperto una crisi al buio senza prevederne le conseguenze. Ma non ha sbagliato tanto i tempi quanto gli argomenti. Se voleva tornare alle urne doveva aprire la crisi sul voto dei Cinque Stelle per eleggere la von der Leyen, quella sì che era un’occasione. Altro che mozione no-Tav.

Conte vuole andare fino in fondo. Salvini lo descrive come un opportunista, altri come uno statista. E lei?

Opportunista non è di sicuro. La vita politica è fatta di opportunità e anche di congiunzioni astrali. Un anno fa Cottarelli si è trovato nella stessa situazione e ha abbandonato palazzo Chigi con il suo trolley dopo due giorni. Conte è stato chiamato quasi inaspettatamente a guidare un governo. Ha imparato il mestiere, e si è giocato bene le sue chances.

Di Maio lo indica come figura super partes. È davvero così?

Direi di no. Anche se non partecipa alle diatribe dei partiti Conte rimane espressione dei Cinque Stelle. Non dimentichiamo che era stato indicato dal Movimento come ministro di un potenziale governo Di Maio.

Insomma, leader politico o avvocato del popolo?

Se come credo il governo nascerà dovrà continuare a porsi come figura di garanzia. Certo, in caso di elezioni anticipate i Cinque Stelle hanno tutto l’interesse a fargli fare il capo politico. I sondaggi parlano chiaro: è più apprezzato di Di Maio, e di molto.

È così sicuro che il governo nasca?

Forse ora i presupposti non ci sono, ma non è un ostacolo insormontabile, si troveranno in corso d’opera. La sofferenza e le infinite attese di queste ore di trattativa possono costituire la premessa per un governo politico e di legislatura. Per dirla con Lucio Battisti, lo scopriremo solo vivendo.

Il programma può diventare un problema più dei nomi. Le divergenze ci sono e non su temi da poco.

La prima divergenza di fondo è nel Dna delle due forze politiche. Il Pd è un partito. Ha una classe dirigente e delle correnti di pensiero. Nulla di simile c’è nel Movimento Cinque Stelle, che è costruito a tavolino su una piattaforma informatica e in fondo si è rivelato molto malleabile sui temi.

Sullo sfondo rimane Zingaretti. Il segretario dem è sembrato finora spettatore passivo degli eventi.

Si è trovato spiazzato dalla crisi, e soprattutto dalla mossa di Renzi. Nessuno immaginava che l’ex premier potesse spingersi a tanto. Ora Zingaretti non ha altra scelta che intestarsi la partita.

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