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L’idea (giusta) del governo. Un nuovo Dl su cyber e Golden Power

Sarà un nuovo decreto legge a rafforzare le misure per la sicurezza delle reti 5G. Il provvedimento dovrebbe arrivare già la prossima settimana e metterebbe un punto a una situazione di incertezza che si trascina da mesi e che – come ha raccontato Formiche.net – espone l’Italia a rischi elevati.

IL PERCORSO

La mancata conversione del decreto legge di riforma del golden power (ci sarebbe stato tempo fino al 9 settembre) che allungava i tempi di notifica e di istruttoria anche per l’applicazione dei poteri speciali anche per le reti, ha spinto il governo in carica ad esaminare subito la questione nel suo primo Cdm, deliberando l’esercizio dei poteri speciali su alcune delle notifiche presentate dalle telco in relazione ai contratti di fornitura stipulati con fornitori di tecnologia 5G, tra i quali figurano anche le cinesi Huawei e Zte.
In caso contrario, decaduto il decreto, ci si sarebbe trovati di fronte a un vuoto normativo, con le forniture svincolate da prescrizioni o obblighi per scadenza dei termini.
Tuttavia, avevano spiegato gli esperti di sicurezza, quanto deciso in Consiglio resta largamente insufficiente per risolvere il problema.

L’IDEA DEL GOVERNO

Da qui l’idea di accelerare il percorso di un altro provvedimento, il disegno di legge che ha istituito il perimetro di sicurezza cibernetica nazionale, rendendolo un decreto legge nel quale far confluire anche gli aspetti di controllo che riguardano le reti e che erano previsti nell’archiviato rafforzamento del Golden Power.
In questo modo si tornerebbe a quanto previsto già mesi fa, quando poi si scelse, in modo improprio, di agire sui poteri speciali (che di base riguardano gli assetti societari) e non con una normativa adeguata alla sfida di sicurezza posta dal 5G.

LO SCENARIO

Da tempo, racconta questa testata, gli Stati Uniti avvertono gli alleati dei pericoli derivanti dall’implementazione di apparati prodotti da compagnie cinesi come Huawei o Zte. E il pressing sui colossi di Pechino – come dimostrano le ultime accuse rivolte negli Usa al gigante di Shenzhen – non accenna a calare. Tuttavia, nonostante questa campagna di sensibilizzazione, l’Italia ha dato finora una risposta non chiara a questi timori, adottando scelte che sono il frutto di diverse visioni in seno alla maggioranza gialloverde (con il partito guidato da Luigi Di Maio più vicino alla Cina e la Lega di Salvini contraria a un’entrata dei colossi di Pechino nelle nuove reti).

I PERICOLI NON AFFRONTATI

Il risultato di queste divergenze sono stati il lasciar decadere il decreto per rafforzare il Golden Power per le reti e il non procedere alla rapida ma decisiva implementazione del Cvcn, il centro di valutazione e certificazione istituito presso il Mise che dovrebbe, nelle intenzioni, controllare che hardware e software da utilizzare in settori critici non siano affetti da pericolose vulnerabilità (il nuovo perimetro nazionale per la sicurezza informatica ha tempi più lunghi). Tanto più che l’Italia, a differenza di altri Paesi, ha deciso di non escludere a priori i player cinesi come invece chiedeva Washington (che col 5G non vede più molta differenza tra la protezione della parte core e la rete periferica), ma di basare le sue decisioni su un’analisi tecnica delle apparecchiature. Decisioni, queste, criticate dagli addetti ai lavori e da alcuni esponenti politici e che ora potrebbero essere risolte dalla pronta adozione di un decreto legge che agisca su queste lacune, sia normative sia strutturali.


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