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Libia, nuovo vertice internazionale in vista? Perché coinvolgere la Turchia

A distanza di quasi un anno è legittimo rileggere la Conferenza di Palermo come una occasione mancata. La stabilizzazione della Libia è ancora lontana e soprattutto l’idea di individuare un percorso condiviso con il generale Haftar si è rivelata particolarmente “ottimista” (eufemismo). La comunità internazionale però non intende rinunciare all’obiettivo di una Libia unita ed in pace. In gioco c’è l’equilibrio complessivo del Mediterraneo, dalla sicurezza delle frontiere a quella degli approvvigionamenti energetici. Di qui il progetto, ancora riservato, di organizzare una importante Conferenza dedicata al paese nordafricano. Inizialmente, su spinta di Parigi, si era pensato di collocare l’evento a New York a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. È quindi emerso lo scetticismo di Washington e di Berlino che vuole evitare “iniziative scoordinate da parte dei francesi” (dicono fonti ad Agenzia Nova). È prevalsa infine l’opinione e di non fare passi affrettati specie in un contesto – quello di fine settembre all’Onu – che potrebbe risultare troppo “distraente”.

L’appuntamento sarà quindi in inverno ed entro la fine dell’anno (novembre?). Luogo prescelto, almeno sin qui, sembra proprio Roma. Nonostante gli sbandamenti gialloverdi, la diplomazia italiana – ora guidata dal leader Luigi Di Maio – non ha mai smesso di giocare un ruolo pivotale. Che non si ferma neppure in queste settimane.

Un elemento nuovo, ma non sorprendente, passa dal rapporto bilaterale con la Turchia, attore geopolitico centrale nelle dinamiche mediorientali. I terreni di contatto possono essere diversi, dalla Siria all’Iran passando naturalmente per Tripoli. L’Italia potrebbe coinvolgere Ankara in un prossimo vertice sulla Libia, allargando il P3+1 (il sistema diplomatico che coinvolge Francia, Regno Unito, Stati Uniti più Italia), oppure il P3+3 (dove partecipano anche Germania ed Emirati Arabi). Questa mossa avrebbe il duplice scopo di rafforzare l’azione del delegato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé – che i turchi hanno sempre sostenuto in modo convinto – e di creare un’azione politico-diplomatica di bilanciamento e contenimento della Francia. Non va dimenticato infatti che Erdogan ha rivelato di saper giocare un ruolo sempre più importante a sostegno di Misurata, città-stato della Tripolitania che dà supporto militare e politico al governo Onu di Tripoli.

Il convitato di pietra è l’Eliseo, che nell’immaginare un’iniziativa congiunta con Roma “al ribasso” (come l’ha definita su queste colonne Arturo Varvelli dell’Ispi), ha una visione della crisi ambigua, in parte ancora legata alla Cirenaica e al suo signore, Khalifa Haftar. Colui che ha fatto scoppiare la guerra civile attuale cercando lo scacco su Tripoli, e che tra le altre cose con il caos creato della sua aggressione contro il governo onusiano della capitale ha fatto risorgere istanze terroristiche legate allo Stato islamico (esito paradossale di una offensiva formalmente intrapresa in chiave antiterrorismo). I contatti fra Francia e Italia sono aumentati con il cambio del governo. Macron vedrà Conte settimana prossima e il ministro degli esteri francese ha prontamente  corteggiato Di Maio. Nel mezzo ci sono molti dossier economici ma al centro resta ancora la partita sulla Libia.

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