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La sfida del Pd è al centro. La versione di Lusetti

Il Pd che strizza l’occhio a sinistra rischia di lasciare scoperto il centro? C’è in questo momento in Italia un sommovimento ideologico che punta ad isolare il popolarismo cattolico e democratico? E Matteo Renzi come dovrà programmare la postura di ItaliaViva per avere una prospettiva di lunga durata? Renzo Lusetti, già deputato ed esponente di lungo corso della Margherita e dell’area cattolica e moderata del Pd, analizza con Formiche.net i passi dei dem e i rischi che si palesano dinanzi a Renzi.

L’ex ministro Giuseppe Fioroni da queste colonne ha detto che il Pd ha perso lo spirito del Lingotto perché qualcuno a sinistra vuole ammazzare il centro. È così?

Che il Pd abbia perso un po’ di mordente è vero, ma ammazzare il centro credo non convenga a nessuno. Neanche al Pd. Tanto è vero che l’operazione di recupero centrista va continuata. Il fatto che l’ex ministro della sanità Beatrice Lorenzin abbia aderito ufficialmente al Pd lo conferma e al Pd credo convenga. Si tratta di una donna di centro e certamente non di sinistra. Per cui più il Pd virerà al centro, più consensi prenderà.

Il Pd a trazione D’Alema-Bersani rischia di dare vigore al nuovo centro che ha in mente Renzi?

Nell’immaginario collettivo quando c’è troppa sinistra allora si pensa ad un’aggregazione di centro. Però è anche vero che quando Renzi aveva in mano il partito, all’exploit delle Europee ha fatto seguire un risultato deludente. Quindi non è tutto così automatico, ma in questa fase l’allontanamento dal centro indebolisce certamente il Pd.

ItaliaViva può essere centro di aggregazione anche per chi in Forza Italia non intende morire sovranista?

Sì, lo può essere. Ma Renzi per riuscirvi dovrebbe essere autorevole, credibile e regista di una proposta ariosa e di visione, non di breve periodo. L’operazione di ItaliaViva dovrebbe essere più dal sapore strategico che altro: deve guardare molto avanti. In caso contrario sarà una delle tante esperienze politiche nate negli anni scorsi e che poi sono tramontate in pochissimo tempo. Per cui più volerà alto, più avrà prospettive.

Urbano Cairo potrà giocare un ruolo?

Credo di no, perché non ci sono le condizioni per poter replicare la sua discesa in campo come fu quella di Berlusconi nel ’94. Cairo guida un gruppo editoriale ed una squadra di calcio, certo, ma l’humus del 2019 non è quello di ieri. Per cui in questa fase non penso possa avere prospettive politiche.

Zingaretti crede abbia preferito la nuova cerniera con la Cgil ai valori del popolarismo cattolico e democratico?

Il segretario ha recuperato una dimensione che era stata accantonata, quella del dialogo con le parti sociali. Ma mi auguro che non lo faccia troppo adesso. Il vecchio collateralismo non va bene, occorre sì recuperare quel rapporto ma in un’ottica di futuro. I soggetti vitali in Italia oggi sono altri, non solo il sindacato.

twitter@FDepalo

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