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Il banco di prova di Pd e M5S sarà sui conti. Parla Luciano Fontana

Non basta una buona partenza per vincere una maratona. Pd e Cinque Stelle si dicono intenzionati a mettere in piedi un “governo di legislatura”. È la richiesta del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che non vuole tagliare il nastro senza avere la garanzia di un governo politico e non a termine. Dopo giorni di passi avanti e brusche retromarce un accordo fra le parti sembra più vicino. “È presto per considerare chiusa la partita” spiega il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana a Formiche.net. Quella dei giallorossi sarà una corsa a ostacoli.

Direttore l’empasse è superato. È quasi fatta per il governo giallorosso?

Ogni volta che c’è un incontro in cui si discute di programmi si sentono dichiarazioni finali distensive e si parla di “clima positivo”. Appena si discute di nomi nascono i problemi.

Rimane un nodo da sciogliere. Di Maio vuole fare il vicepremier.

Di Maio si sta mostrando molto freddo verso il nascente governo con il Pd. Teme di vedere il suo ruolo molto ridimensionato, teme la convivenza con i dem, la leadership di Conte nel Movimento.

La richiesta di fare il vice non sarà un modo per marcarlo da vicino?

Sicuramente è il modo per rivendicare una posizione, non solo nel governo ma soprattutto nel partito. La leadership gli sta sfuggendo di mano. Era stata già messa in crisi con la pesantissima sconfitta alle europee. Il passo falso di Salvini era un’occasione d’oro, ma è stato Conte a coglierla.

Quanto durerà la pazienza del Quirinale?

Il Colle è stato chiaro. Ha il dovere di verificare la possibilità di una nuova maggioranza politica, ma non intende dare il via a governi istituzionali o tecnici.

Perché?

Mattarella sa bene che le europee hanno certificato un’ampia maggioranza di centrodestra nel Paese e non vuole ignorare questo dato. Per questo chiede un esecutivo solido nei numeri e nella coerenza programmatica, che sia di lunga durata e non solo per impedire a Salvini di tornare al voto.

Anche il Pd ha i suoi problemi. La resa dei conti fra Renzi e Zingaretti è solo rimandata?

Al Nazareno coesistono due anime. Ultimamente mi sembra che Renzi abbia fatto un passo indietro e lasciato a Zingaretti la gestione dell’operazione politica. Certo, nei prossimi mesi i nodi verranno al pettine. Renzi ha dalla sua i gruppi parlamentari e non fa mistero di pensare a un progetto politico alternativo.

Si può dire che l’ex premier abbia in mano l’interruttore del nuovo governo?

Molto dipende da come nascerà. Se Zingaretti riuscirà a intestarsi un’operazione di successo nei prossimi giorni l’interruttore di Renzi non funzionerà granché.

Tutti parlano di un governo di legislatura. Non sono pochi però gli ostacoli sul percorso. A inizio del prossimo anno dovranno essere rinnovate più di 500 poltrone delle partecipate.

Sulle poltrone un’intesa si troverà. Il vero bastone fra le ruote sarà la politica economica. Allo stato presente del debito pubblico è difficile portare a casa una manovra così espansiva mettendo insieme promesse ambiziose e poco compatibili. Il momento della verità per la coalizione giallorossa arriverà quando si dovranno fare i conti.



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