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Dal populismo al popolarismo. Il centrismo necessario secondo Reina

La buona politica è sorretta sempre da paradigmi culturali solidi e condivisi, altrimenti diventa asfittica, impotente, incapace di sostenere visioni del mondo in rapporto alla realtà in trasformazione. Non a caso sono trascorsi cinque lustri e la nostra politica continua a subire, anno dopo anno, turlupinature, offese, mortificazioni al punto da perdere forza e vigore propositivo.

Improvvisazioni, superficialità sono le caratteristiche dei nuovi attori impegnati nella cosa pubblica, a livello nazionale e locale. Si ripetono in modo noioso litanie e ritornelli con l’intento di propagandare modelli mirabolanti a cui gli italiani dovrebbero credere: bipolarismo, alternanza, cambiamento, nuovismo, rinnovamento è il lessico declinato dagli attuali protagonisti del palcoscenico, come se venissero da Marte. Il presente viene da lontano, dalla crisi degli anni ottanta del secolo scorso, dalla caduta del Muro, talvolta da “carnevalesche rivoluzioni giudiziarie”.

Entrato in crisi il pensiero comunista, vi sono state ripercussioni anche nel mondo liberale, da cui sono scaturite le dissennate teorie e pratiche liberiste: granitico fondamento del pensiero globalista e causa di gravi ingiustizie socio-economiche, che hanno aperto la strada, come diceva San Giovanni Paolo II, al “capitalismo selvaggio” che spadroneggia e opprime. Tale condizione non fu presa in seria considerazione, anzi, fu vista con sufficienza, con scarso interesse, se non con fastidio, dalle neofite forze politiche, partorite dalle “eccelse menti nuoviste”, generatrici del nuovo sistema maggioritario e alimentate di parole magiche, vuoti proclami.

Era il tempo di una destra e di una sinistra che, per non essere più classificate fascista e comunista, perché in Italia sempre così sono state, dall’avvento di Mussolini in poi, pensarono bene di usare una spruzzatina di “centro” per rendere più accettabile e gradevole la indigesta pietanza, grazie a soggetti che si fecero strumentalizzare volentieri in cambio di qualche piccola nicchia di potere, sia dall’una che dall’altra parte. E fu centrodestra e centrosinistra, caratterizzati entrambi da conclamato anonimato! I partiti trasformati in club elettorali, mai si era visto niente di simile in Italia, se non all’inizio della storia unitaria.

L’esperienza dei due ultimi governi a maggioranza M5S di Giuseppe Conte, con la Lega Nord prima e col Pd poi, ha preso atto che il re è nudo, e che tutti i marchingegni e i tecnicismi posti in essere non erano all’altezza. Il riesame di alcuni elementi peculiari del buon governo della prima fase dell’esperienza repubblicana, come ad esempio la legge elettorale squisitamente proporzionale è di buon auspicio. Per poter raggiungere però alcuni obiettivi ci vogliono menti e energie competenti, in grado di definire alcune questioni importanti, per costruire un nuovo equilibrio, un nuovo rispetto per le istituzioni, nuove strategie per la pace sociale. Si sente la necessità di un “centro” politico autonomo, propositivo, europeo che rilanci le politiche di coesione nel Paese.

Il “popolarismo”, sbrigativamente liquidato, possiede in sé ancora oggi, a distanza di un secolo di storia, peculiarità ideali in grado di neutralizzare populismi, qualunquismi e opportunismi. Gli italiani, in una realtà cruda e amara, fatta di promesse mancate, di opacità, di scarsa trasparenza, di saccheggio delle risorse pubbliche, di scelte di governo bislacche e cervellotiche, fino a procurare la crisi che stiamo ancora vivendo, chiedono garanzie, tutele, se non vere e proprie certezze. Il “popolarismo” è stato, e lo è tuttora, una cultura viva che ha fatto la storia della democrazia in Italia e nel Vecchio continente, essa può essere rilanciata, spiegata e applicata, finalizzandola al buon governo dell’Italia.

Si avverte l’urgenza, al cospetto di tanta confusione e di questa vera babele di organizzare un partito, che metta insieme le volontà e dia speranza di buona e onesta politica all’Italia, secondo gli ideali democratici cristiani. Sin da dopo l’Unità, e fino agli inizi degli anni novanta del ‘900 il sistema politico italiano è stato plurale, con presenze caratterizzate, tra cui i cattolici, protagonisti storicamente, con altre forze politiche, della costruzione della democrazia in Italia. Essa ha necessità di una cultura nota e riconosciuta in Europa e nel mondo, di una chiara linea politica, di un’etica, finalizzate alla crescita del Paese.

Il “popolarismo” è necessario all’Italia, per crescere attraverso la partecipazione, per realizzare equilibrio, per riscoprire la moralità nella vita pubblica, per ripristinare quella mitezza della politica che molto ha giovato al Paese nei decenni passati e che tanto bene farebbe oggi agli italiani.

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