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La legge sulla rappresentanza sindacale è un errore. Parla Romani (Cisl)

Due righe, al punto 4 del programma giallorosso (qui il testo) che però bastano e avanzano a mettere in  allarme i sindacati. Si tratta della famosa legge sulla rappresentanza sindacale, dentro le imprese, dentro le fabbriche. Pd e M5S parlano nello specifico “di approvare una legge sulla rappresentanza sindacale, sulla base di indici rigorosi”. E basta. Molto generico. La rappresentanza sindacale negli ultimi anni ha subito dei cambiamenti, frutto anche della svolta impressa alle relazioni industriali da Sergio Marchionne, scomparso nell’estate di un anno fa dopo 14 anni dalla guida della Fiat.

Grazie a quel modello Pomigliano, dal nome dello stabilimento campano della Fiat, tra sindacati e imprese sono sorti nuovi equilibri e soprattutto nuovi modi di intendere le relazioni industriali. Al punto che la Fiom, estromessa nei fatti dall’accordo, è una delle poche sigle che chiede da anni una legge “per rendere realmente praticabile la democrazia sindacale, estendendo il diritto di eleggere le rappresentanze sindacali in tutti i luoghi di lavoro e introducendo criteri certificati di misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali”.

Ma per molti non è più tempo di leggi sulla rappresentanza. Giulio Romani, ex segretario generale di First Cisl, sindacato del settore finanziario (banche, assicurazioni, riscossione e authority), da dicembre 2018 è segretario nazionale della Cisl e a Formiche.net spiega il suo punto di vista. “Credo che sia profondamente sbagliato che la rappresentanza sindacale debba essere regolata dalla legge. Dal 2014 esiste un il testo unico della rappresentanza, firmato tra Sindacati e Confindustria con le imprese, a cui stanno facendo seguito, proprio in questi giorni, dopo anni di solleciti da parte nostra e di ritardi dovuti a un blocco imposto dal governo, le convenzioni con la stessa Confindustria e con Confapi, con l’Inps e l’Inl per dare corso effettivo alle procedure di misurazione che regolano i nostri rapporti con il datore di lavoro, rappresentanza inclusa”

“Nel frattempo, per altro, è stato firmato anche il cosiddetto al Patto per la fabbrica (l’accordo interconfederale del 9 marzo 2018 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil che fissa le condizioni per realizzare un sistema di relazioni industriali più efficace e partecipativo che consenta di sostenere i processi di trasformazione e di digitalizzazione nella manifattura e nei servizi innovativi, tecnologici e di supporto all’industria, ndr) che ribadisce la volontà delle parti sindacali e datoriali di procedere nella direzione tracciata dal testo unico.”, spiega Romani.

“Non c’è da fare una nuova legge, che altro non rappresenterebbe che un’intromissione del governo in accordi in essere e già sottoscritti tra lavoratori e imprese, ma dare vita insieme all’Inps a questi accordi. E noi auspichiamo di renderli operativi a breve. Credo sia un errore pensare di statalizzare disciplinare per legge le relazioni industriali.  Sarebbe un’intromissione da parte della politica del governo in intese in piedi per conto loro. C’è il rischio piuttosto che con una legge sulla rappresentanza si possano favorire sindacati che non hanno mai avuto una reale rappresentatività. Perché solo chi è veramente rappresentativo del corpo lavoratore dovrebbe prendere parte alle relazioni industriali, altrimenti continueranno a proliferare i tanti contratti pirata che inquinano le conquiste sindacali”. Romani esprime anche dubbi sul salario minimo, visto come “una distorsione della contrattazione nazionale che è certa e completa e non ha bisogno di questi elementi destabilizzanti”.

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