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Russia, Cina e Iran. Il capo del Pentagono cerca sponde in Europa

È iniziata la missione europea del capo del Pentagono Mark Esper, proprio mentre negli Stati Uniti impazza la polemica politica per i 3,6 miliardi di dollari che il segretario ha deciso di stanziare, dal bilancio della Difesa, per i progetti legati alla realizzazione del muro con il Messico. E mentre le opposizioni protestano, Esper torna nel Vecchio continente, mandato da Donald Trump con l’obiettivo di richiamare all’ordine gli alleati su una serie di dossier delicati, dalla Cina alla Russia, passando per Afghanistan e Iran. Prima tappa Stoccarda, in Germania, e poi gli incontri con gli omologhi inglese e francese tra Londra e Parigi.

IL NUOVO SFORZO USA

La missione è parte di un rinnovato sforzo degli Stati Uniti per consolidare alcuni rapporti strategici, un impegno che ha visto nei giorni scorsi il vice presidente Mike Pence in Polonia (viaggio previsto per Trump, poi rimasto negli States per monitorare l’uragano Dorian) e il segretario di Stato Mike Pompeo, giunto a Bruxelles per incontrare la nuova leadership dell’Unione europea (ma anche Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato). In cima all’agenda di Esper c’è la postura nei confronti della Russia e il tentativo di trovare supporto nel confronto della Cina. In diversi interventi pubblici, il segretario ha definito Pechino la “top priority” della Difesa a stelle e strisce, visto l’attivismo che mantiene da anni in tanti campi, dalla missilistica alla cibernetica, passando per una generale proiezione sempre più militare.

IL CONFRONTO CON MOSCA

Per quanto riguarda la Russia, la linea morbida adottata da Trump con la proposta di riammetterla al tavolo dei grandi (riportando il G7 al G8) con il supporto di Emmanuel Macron, non intacca la tradizionale postura di deterrenza, su cui gli Stati Uniti vogliono l’unità degli alleati all’interno del contesto Nato. D’altronde, lo stesso Esper aveva spiegato la visita europea la scorsa settimana con l’obiettivo di “discutere della posizione degli Stati Uniti in Europa e dei nostri continui sforzi per scoraggiare l’aggressione russa”. Sforzi a cui ha preso parte lo stesso segretario alla Difesa.

DA BRUXELLES A STOCCARDA

Esper era infatti già stato in Europa a giungo, quando aveva partecipato alla ministeriale dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles contraddistinta dalle preoccupazioni per l’imminente fine del trattato missilistico Inf. Aveva rivolto parole dure a Mosca, trovando sponda in Stoltenberg e in tanti alleati. Ad ogni modo, in quella stessa occasione, nel suo battesimo di fuoco, a sole 24 ore dalla conferma nell’incarico di vertice del Pentagono, Esper aveva tentato soprattutto di inserire nell’agenda Nato (senza troppi risultati) il dossier iraniano, cercando supporto europeo per la “massima pressione” perseguita dall’amministrazione Trump. Poi, gli Usa avevano optato per i canali bilaterali, trovando il supporto di Londra. Non a caso, Esper sarà proprio in Inghilterra, non prima però della visita tedesca presso la sede di UsAfriCom e UsEuCom, i due comandi strategici unificati con responsabilità per tutti gli impegni militari americani in Africa e Europa.

LE IPOTESI DI RITIRO DALL’AFGHANISTAN

L’impressione è che Esper voglia parlare difatti anche di dispiegamenti di contingenti. In tal senso, l’intenzione di Trump è ormai nota, e punta a una riduzione delle truppe in Afghanistan da poter spendere in campagna elettorale verso le presidenziali del prossimo anno. Per ora non ci sono numeri certi, sebbene l’ipotesi più accreditata resti una parziale rimodulazione da concertare in ambito Nato (missione Resolute support) e solo quando ci saranno rassicurazioni importanti sui negoziati di pace con i talebani. La scorsa settimana era stato lo stesso Trump ha far emergere questa linea, assicurando il mantenimento dell’impegno Usa in Afghanistan contro il terrorismo.

IL DOSSIER IRANIANO

Infine, sul tavolo dei colloqui con i colleghi europei ci sarebbe anche l’Iran. Qui, l’obiettivo di Esper è lo stesso dello scorso giugno, potendo tuttavia contare su due mesi in più di permanenza al Pentagono. Il segretario alla Difesa è pronto a chiedere nuovo supporto per aumentare la pressione contro le attività “maligne” di Teheran e di tutti i suoi proxy regionali, in Yemen, Siria e Libano, comprese le manovre nello Stretto di Hormuz. In tal senso, la partita appare più difficile, ed è stato proprio il vertice Nato a dimostrarlo, dove il tentativo di infilare la questione iraniana nell’agenda è andato a vuoto, se non per una “generale preoccupazione” espressa da tutti sui rischi di escalation. Forse da qui l’intenzione di procedere verso i rapporti bilaterali. Da Londra la disponibilità sembra totale. Con Parigi ci sono maggiori difficoltà, ma i sorrisi ritrovati tra Macron e Trump a Biarritz sono forse un segnale da non sottovalutare.

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