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I social drama e la nuova comunicazione politica. Analisi (imperdibile) di Fontana

Il selfie di Franceschini con la squadra dem del nuovo governo giallorosso, le dirette Facebook di Salvini, i video di Renzi, le visual novel di Di Maio & CO le sempre più frequenti campagne Social Adv che le aziende portano avanti. Mai come negli ultimi due anni la comunicazione politica, sociale e aziendale è diventata drammatizzazione e messa in scena della realtà.

Non necessariamente finzione, ma caratterizzazione spinta di punti di vista sul mondo che competono e lottano per l’attenzione delle proprie audience: elettori, consumatori, portatori di interessi. Tutti mossi a creare “social drama” per ritagliarsi un briciolo di presenza nella grande arena della comunicazione contemporanea.

COSA È UN SOCIAL DRAMA

Un social drama è un racconto del reale, drammatizzato secondo uno specifico punto di vista. È una rappresentazione della realtà, con un testo, un video, una sonorità, o un mix di questi elementi che cerca di determinare il significato di una esperienza o di un evento, rinforzando le convinzioni dei pubblici a cui si rivolge, che – normalmente – sono già consolidate.

Di solito, è una micro-narrazione fatta da persone su persone, cose o eventi per mettere in risalto il proprio protagonismo esistenziale e dare conferma alle proprie credenze di vita all’interno di una comunità di significato (politica, economica, aziendale) peculiare.

Non serve a convincere, piuttosto è utile a confermare ciò che un individuo o un gruppo credono già. Soprattutto un social drama aiuta a neutralizzare l’ansia sociale”. E a mettere in scena un certo punto di vista, sforzandosi di creare una verità locale (se vuoi per approfondire).

I social drama sono usati in politica, come le vicende degli ultimi anni testimoniano:

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Ma anche nella comunicazione e nel branding aziendale e istituzionale. Per esempio nelle campagne marketing e ADV che prendono posizione nei confronti di un tema-problema sociale, come la nota campagna Nike con David Kilpatrick.

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Viviamo in mercati intuitivi, immaginari e democrazie istantanee e istintive diventate “sondocrazie”, come ha fatto notare recentemente Luigi Di Dregorio in un suo articolo.

Nelle “sondocrazie”, chi dà le carte – leader politico o aziendale –risulta visibile, credibile, efficace, vincente.

Così nelle continue schermaglie comunicative contemporanee assistiamo a continui tentativo di tenere in mano le carte per ricordare senza sosta ai diversi pubblici (elettorali o commerciali):

– Chi siamo?
– Perché siamo qui?
– Da dove veniamo?
– Dove stiamo andando?
– Quale è il nostro destino?
– Che lotta dobbiamo compiere per adempiere il destino?

Non importa che le risposte politiche, economiche, sociali, aziendali, siano inventate. L’importante è che siano percepite come verosimili e in linea con i problemi dei pubblici a cui si rivolgono. Le soluzioni dei social drama devono appagare in maniera profonda le esigenze tematiche di un individuo o di una comunità.

COME FUNZIONANO I SOCIAL DRAMA

I social drama sono semplici, come tutte le cose che funzionano. Si basano su una sequenza di rotture e ristrutturazioni. Succede qualcosa che rompe l’equilibrio di una situazione, di un progetto, di un evento? Bene, si interviene ristrutturando il significato dell’evento. Riconfigurando il fatto di realtà. Solo così le nostre vite possono diventare un serial che continua a cambiare e per questo rimanere interessante. Se osserviamo l’attuale comunicazione politica, istituzionale e aziendale notiamo all’opera questo processo:

1. C’è una rottura della situazione presente: accade qualcosa che interrompe il flusso lineare di una situazione o di una relazione (con i nostri follower, i nostri elettori-clienti, i nostri portatori di interesse)
2. Arriva la crisi: la rottura della situazione produce una crollo dell’identità individuale, aziendale o istituzionale (è il momento del “arrivano i barbari”).
3. Si deve agire l’azione riparatrice: il crollo dell’identità (o l’attacco ai valori) richiede un intervento con un testo, una foto, un video, una colonna sonora, un meme… un contenuto narrativo (testuale e/o visivo) che ristruttura il significato del problema e/o rimedia la crisi.
4. Infine arriva la reintegrazione che polarizza: l’intervento riparatore di solito polarizza i pubblici, rassicurando i fan e giustificando l’azione d’odio degli haters. Amore dei fan e disprezzo degli hater ri-legittimano l’identità attaccata, ferita, perduta.

Così, in questo costante processo di life-casting (o narrazione biografica) i social drama – sulle diverse piattaforme mediatiche – definiscono:

– Le scene di verità che come elettori e consumatori siamo disposti ad accettare: tutto cambia e quindi bisogna trovare ogni volta nuove giustificazioni (per le elezioni vinte o perse, per i nuovi governi con gli antichi nemici, per i nuovi prodotti o servizi che mai avreste pensato di creare).
– I valori delle agende politiche, commerciali e sociali: oggi bianco, domani nero, l’importante è mantenere sempre l’autorialità della propria narrativa per non lasciarsela strappare di mano
– Le verità-prodotto di una comunità: circondati da informazioni locali – la verità diventa un prodotto da proporre e una realtà di cui voler far parte.

PERCHÉ IMPARARE A GESTIRE I SOCIAL DRAMA

L’idea di realtà solida del Novecento lascia definitivamente la scena a continue realtà locali costruite da post, hastag, filtri, meme che determinano le condizioni minime di oggettività a cui siamo disposti a credere.

Imparare a riconoscere i social drama politici, economici e aziendali è oggi indispensabili per cercare di rimanere consapevoli nella estesa formazione di mini-saghe, micro-leggende, instant-stories che creano effetti di verità permanenti. Effetti che poi ci spingono a scegliere, comprare, votare.

Prepariamoci a vedere e vivere grandi social drama per i prossimi mesi, nella campagna elettorale e commerciale (ormai) permanente.

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