L’ambiente e l’energia saranno autentici pilastri dell’azione del governo giallorosso. La prova l’ha data oggi il premier Giuseppe Conte, intervenuto alla Camera (domani al Senato) per illustrare il suo programma di governo, sul quale chiedere la fiducia del parlamento e diventare definitivamente operativo. Nei propositi del governo c’è una sorta di rivoluzione verde, sulla quale Formiche.net ha chiesto un parere a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Più solare, più eolico, meno idrocarburi. E zero trivelle.
Tabarelli, il premier ha parlato di green new deal nel suo discorso alla Camera. Che gliene pare?
Mi sembra una parola forte, a effetto, peraltro non appartiene nemmeno al nostro linguaggio, bensì a quello americano. Parlare di green new deal è come parlare di un libro dei sogni, nel quale però sono nascosti potenziali nuovi costi per la nostra economia. In buona sostanza, credo che siamo di fronte a un grande sfruttamento di luoghi comuni che mirano a fare leva sul consenso. La verità è che il vero new deal è qualcosa di molto più semplice e cioè utilizzare le risorse di cui disponiamo in Italia.
E le rinnovabili? Non sono una missione?
Certamente, ma senza lanciare slogan che poi sono irrealizzabili. Non bisogna farsi affascinare dalle parole. Le faccio un esempio. Pochi giorni fa c’è stata un’asta in Portogallo, dove il fotovoltaico è stato venduto a 20 euro a Megawatt/ora. In Germania lo vendono più o meno a 70, qui in Italia a 200 euro. Allora mi pare un po’ forzato parlare di green new deal se poi abbiamo un’energia rinnovabile più cara degli altri. Abbassiamo il costo delle rinnovabili se vogliamo allargarne l’uso. E poi c’è un’altra cosa che non torna…
Sarebbe?
Ho l’impressione, o più semplicemente il timore, che questa rivoluzione verde di cui si parla possa tramutare in un aumento delle tasse proprio sull’ambiente, per non parlare dei prodotti petroliferi. In sintesi, mi sembra solo una parola ammaliante, con un bel suono, ma nella pratica rischia di rivelarsi un boomerang nei confronti del sistema produttivo italiano, che ad oggi mi sembra molto più sostenibile del passato. Ma soprattutto paga l’energia il doppio degli altri Paesi. E allora mi chiedo, è giusto parlare di rivoluzione verde se poi ho le imprese che pagano l’energia molto più del resto d’Europa? Non vorrei che nel nome del green new deal si perdesse di vista l’obiettivo, abbassare il costo dell’energia.
Conte ha annunciato lo stop per legge alla concessione di nuovi permessi per le trivelle in mare.
Un’assurdità, da tutti i punti di vista. Perché un Paese che è dipendente all’80% dall’estero, da un punto di vista energetico, non può smettere di cercare gas e petrolio che ha sotto il mare. Si tratta di una follia e una tragedia. Anche qui siamo dinnanzi a degli slogan. Che cosa pensano di fare, di far muovere i motori diesel con il sole? Non è la prima volta che sentiamo parlare di stop alle perforazioni, certo. Ma perché dobbiamo continuare a importare gas dalla Russia quando ce lo abbiamo a pochi chilometri? Trovo francamente il tutto surreale.
Forse qualcuno teme incidenti in mare con conseguente disastro ambientale…
Ma di cosa stiamo parlando? Gli impianti che operano nei nostri mari sono all’avanguardia, sono sicuri e rodati. Incidenti sono rarissimi e in Italia non se ne ricordano. Per questo dico e ribadisco che dire green new deal allontana dalla realtà delle cose, riempie solo la bocca. E mentre si parla di questo abbiamo eccellenze italiane in giro per il mondo: Eni, Saipem. La nostra è un’industria ricchissima e soprattutto efficiente, viene apprezzata dappertutto, meno che in Italia sembra.
Ma allora Tabarelli, quale è il vero green new deal?
Il vero green new deal è rimanere legati a quello che abbiamo, con il massimo rispetto per l’ambiente. Sì alle rinnovabili, sì all’ambiente ma per favore ricordiamoci di quanto le nostre imprese pagano l’energia. Dobbiamo ridurre a tutti i costi la nostra dipendenza e l’unico modo per farlo è sfruttare quello che abbiamo. Le risorse nazionali, gas soprattutto, sono un patrimonio che non possiamo sprecare. Partiamo da questo, da quello che abbiamo, è una prima rivoluzione. Non inseguiamo miti e slogan.