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Dal “vaffa” alla mitezza. Polillo tira un sospiro di sollievo (e non è il solo)

“Disciplina e onore”. E poi “equilibrio e misura”, “sobrietà e rigore”. Per poi terminare richiamando la necessità di “mostrare coesione di spirito e unità d’azione nel segno della collaborazione e della lealtà”. Il che comporta che “il confronto sui temi, sulle proposte e sugli indirizzi da perseguire si svolga sempre nelle sedi istituzionali, nelle aule parlamentari”. Basta proclami e dichiarazioni “bellicose”. Il nuovo governo sarà all’insegna della “mitezza”. Così ha detto Giuseppe Conte, nel suo discorso di investitura, di fronte alla turbolenta platea dei deputati. Non vi saranno pertanto grandi proclami dal balcone di Palazzo Chigi, inneggianti alla “fine della povertà”. Né quelle chiassose manifestazioni di fronte a Montecitorio, con palloncini colorati e l’intera schiera di parlamentari dietro le scritte “bye bye vitalizi”. Sobrietà: ancora una volta. Chissà se Luigi Di Maio, dopo questo solenne impegno, potrà ancora riunire i ministri della sua componente presso la Farnesina. Luogo deputato per assolvere a ben altre funzioni.

Uno degli sforzi principali del riconfermato presidente del Consiglio è stato quello di enunciare uno stile completamente diverso rispetto ai 15 mesi precedenti. Più british, anche se gli ultimi avvenimenti possono far dubitare circa il permanere di quella tradizione, nella più antica democrazia dell’Occidente. E c’è già chi parla di “normalizzazione”, dopo l’epoca eroica del “vaffa” e dell’apriscatole da portare in Parlamento per mostrarne il contenuto nascosto. Ma sono i prezzi che il Movimento deve pagare dopo aver dolorosamente scoperto che certi avventurismi non pagano sul piano del consenso elettorale. Essere felici di questa ritrovata normalità è dir poco. L’Italia è fin troppo malandata per conto suo, per tollerare intemperanze verbali di sorta. O fughe in avanti che ne minano quel poco o tanto di credibilità che gli resta.

Detto questo, il resto del discorso non è stato altro che una prevalente ricucitura dei 29 punti che hanno caratterizzato l’accordo programmatico, già noto. In molti casi si è trattato di una vera e propria operazione di “taglia e incolla”. Senza nemmeno variare il lessico relativo. Ne è derivato un programma talmente vasto da somigliare a quanto Antonio Gramsci diceva di alcuni editoriali: “Cenni d’universo”. Lo stesso presidente del Consiglio se ne deve essere reso conto, cercando di parare in anticipo le possibili critiche: “Il programma che illustro – ha detto – non è un’elencazione di proposte eterogenee, né tanto meno la sommatoria delle diverse posizioni delle forze politiche per sostenere questa iniziativa. È, al contrario, una sintesi programmatica che disegna l’Italia del futuro”. Un futuro che dovrebbe andare ben oltre i limiti temporali di questa legislatura. Ma anche questo rientra in una tradizione ritrovata: specchio fedele di tanti altri discorsi visti e ascoltati in passato.

Per la verità non sono mancate alcune puntualizzazioni sui punti più controversi. “Renderemo più efficiente il sistema delle concessioni di beni e servizi pubblici, operando un’inesorabile revisione del sistema. Quanto in relazione alle concessioni autostradali a seguito della tragedia del Morandi, voglio chiarire che questo governo porterà avanti il procedimento senza sconti per gli interessi privati, avendo quale obiettivo esclusivo la tutela dell’interesse pubblico e, con esso, la memoria delle 43 vittime, una tragedia che rimarrà una pagina indelebile della nostra storia patria”. Rispetto agli accordi con il Pd, si conferma la “revisione” e non la “revoca” più volte adombrata, nei giorni passati da Luigi Di Maio, dando tuttavia un contentino (sarà “inesorabile”) ai vari Giarrusso che invitavano Paola De Micheli a lasciare la sua postazione di comando. Colpevole di aver pronunciato una parola (revisione) proibita. Sarà interessante seguirne gli sviluppi, anche in relazione al caso Alitalia.

Stesso esercizio dialettico a proposito del taglio dei parlamentari. Nel documento votato dagli attivisti, sulla rete “Russeau”, si parlava della sua immediata calendarizzazione (“primo calendario utile della Camera dei deputati”). “Per il tema delle riforme costituzionali, – annuncia ora il neo presidente – è nostra volontà inserire in calendario il disegno di legge che promuove la riduzione del numero dei parlamentari. Questa riforma dovrà essere affiancata da un percorso volto a incrementare le garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, anche favorendo l’accesso alle formazioni minori e assicurando il pluralismo politico e territoriale. In particolare, occorrerà avviare un percorso di riforma quanto più possibile condiviso del sistema elettorale; contestualmente è nostro obiettivo procedere a una riforma dei requisiti di elettorato attivo e passivo, nonché avviare una revisione costituzionale per assicurare maggiore equilibrio al sistema e far riavvicinare i cittadini alle istituzioni. Sarà un percorso di ampio respiro, che caratterizzerà questa esperienza di governo e richiederà tempo, attenzione, competenza”. Testo che riflette pedissequamente gli accordi con il Pd. Da sottolineare l’ultimo inciso: un percorso che “richiederà tempo, attenzione, competenza”. Luigi Di Maio è avvertito.

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