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Web Tax in salsa giallorossa? Maneggiare con cura. Parla da Empoli

Nelle linee di indirizzo programmatico per la formazione del nuovo governo – in sostanza una bozza in 26 punti del programma dell’esecutivo M5s-Pd – diffusa nel giorno del voto sulla piattaforma Rousseau, fa capolino anche un tema dibattuto: una diversa tassazione per i colossi del digitale.

IL TEMA DELLA WEB TAX

Nello specifico, è in 22esima posizione che vengono delineate le intenzioni giallorosse sull’argomento: “Occorre introdurre”, si legge, “la web tax per le multinazionali del settore che spostano i profitti e le informazioni in Paesi differenti da quelli in cui fanno business”.
Resta dunque di attualità un argomento del quale, in modo diverso, gli ultimi esecutivi si sono occupati, ma che secondo Stefano da Empoli, presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), think tank focalizzato su innovazione e digitale, andrebbe affrontato in un’ottica non domestica bensì internazionale.

UN APPROCCIO MULTILATERALE

“Credo”, spiega l’economista a Formiche.net, “che il tema sia rilevante e vada affrontato. Bisogna però interrogarsi sul dove e sul come sia meglio risolverlo”.
Per da Empoli, “un singolo Paese può e deve discuterne per chiarire la propria posizione, ma sono senza dubbio consessi internazionali come l’Ocse, o al limite il G20, i posti migliori dove definire politiche multilaterali che possano esaminare la questione in modo coordinato e, dunque, efficace. Al contrario, una fuga in avanti può essere controproducente sia per l’innovazione sia per l’economia di un singolo Stato e per l’Italia in particolare”.

I PERICOLI PER L’INNOVAZIONE

In primo luogo, sottolinea il presidente di I-Com, “non bisogna dimenticare che l’economia digitale è per sua natura non assimilabile a quella tradizionale. E caratteristiche diverse necessitano soluzioni altrettando differenti. È indubbio che questa nuova produzione di valore metta sotto pressione i sistemi fiscali occidentali. Ma provvedimenti tipo quello francese, analogo alla previsione inserita nell’ultima legge di bilancio italiana – che tassano i ricavi dei colossi Web anziché gli utili, come invece dovrebbe avvenire – rischiano di risolversi in misure tampone, distorsive e controproducenti”. Alla lunga, evidenzia l’economista, “si otterrebbe solo l’effetto di vedere disincentivata l’innovazione e ridotti gli investimenti nei Paesi che scelgono una via autonoma e slegata dal contesto internazionale”.

GLI EFFETTI PER L’ECONOMIA

Poi, rimarca da Empoli, ci sono da considerare anche i potenziali effetti negativi sull’economia, che secondo lo studioso non tarderebbero ad arrivare. “Oggi i marketplace online e i servizi sul Web sono strumenti particolarmente potenti a disposizione delle imprese, soprattutto delle piccole e medie. Che proprio in questo modo possono ridurre e in alcuni casi azzerare il gap competitivo con le aziende più grandi. Un’opportunità di assoluta rilevanza per un sistema produttivo come quello italiano, che ruota intorno alle PMI. Se l’Italia dovesse decidere di alzare da sola la tassazione sui player che forniscono queste soluzioni, i costi verrebbero scaricati proprio su chi utilizza queste soluzioni, colpendo in maniera asimmetrica proprio il Made in Italy, oltre a danneggiare i consumatori finali”.

UNA SOLUZIONE COORDINATA

Per tutte queste ragioni, conclude il presidente di I-Com, “la soluzione migliore è senza dubbio quella di elaborare una proposta nazionale, frutto di un dibattito, da portare in organismi multilaterali che possano trovare una sintesi. Solo in questo modo si potrà giungere a un modello efficiente e razionale”.


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