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Tagliare il cuneo è (quasi) impossibile. Parola di Becchetti

Per gli imprenditori è un po’ la madre di tutte le battaglie: tagliare il cuneo fiscale, ovvero pagare meno il lavoro. Il datore di lavoro risparmia e investe, il lavoratore ha una busta paga più sostanziosa e magari alla fine ripartono anche i consumi. Un’operazione che Confindustria, che ha appena presentato le sue previsioni di crescita in vista della manovra, chiede da anni. Invano, visto che l’Italia continua a subire un costo del lavoro tra i più alti d’Europa, complice una pressione fiscale reale che nel secondo trimestre 2019 ha toccato il 40% secondo l’Istat. Se anche questa volta si fallisse, nonostante le buone intenzioni del premier Giuseppe Conte che insiste nel voler trovare i soldi per tagliare il cuneo, sarebbe solo ordinaria amministrazione. Scenario, purtroppo, verosimile almeno a sentire Leonardo Becchetti, economista e docente a Tor Vergata, reduce dal dibattito con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in occasione della presentazione del rapporto sull’economia redatto dal Centro Studi di Confindustria.

Becchetti, gli imprenditori sembrano un po’ scontenti della manovra, anche se non mancano gli attestati di merito. Lei che dice?

Diciamo che dalle imprese sono arrivati diversi messaggi. Una certa soddisfazione per la riduzione dello spread e per l’ottenimento di una certa flessibilità dall’Europa. Questo è sicuramente un primo dividendo della cooperazione tra imprese e governo. Dall’altra però c’è un po’ di delusione verso una manovra poco coraggiosa, basata sul fatto che alla fine non bisogna toccare nulla per non scontentare nessuno. Una visione sbagliata, forse imputabile anche a una certa concorrenza tra politici.

C’era bisogno di più coraggio insomma…

Beh, direi di sì. Se si vuole ragionare in un orizzonte di tre anni bisogna fare scelte forti, altrimenti si rimane paralizzati. Se passa la logica che non si vuole scontentare nessuno alla fine nessuno fa niente perché lo spazio di manovra si riduce a zero. Non vedo margini per tagliare il cuneo fiscale, tanto per dirne una.

Ecco il cuneo. Gli industriali hanno parlato si svolta necessaria per il 2020…

Sarà difficile tagliare il cuneo. Secondo le stime del governo ci sono a malapena 3-4 miliardi di spazio, al netto dei 23 miliardi per l’Iva. Ma è più probabile che non ci siano nemmeno questi 3 o 4 miliardi. Confindustria prevede che con uno stop all’Iva il nostro deficit salirà al 2,8%, ma dal momento che la Nota di aggiornamento al Def ha fissato il target 2020 al 2,2% bisogna recuperare dei soldi da qualche parte per rientrare del deficit. C’è la lotta all’evasione, che però è aleatoria. E i soldi per il cuneo da dove li facciamo saltare fuori? Il rischio è di dare ragione a Renzi che ha definito un “pannicello caldo” le poche risorse messe in campo dal governo per il cuneo. Ha ragione: se mai ci saranno, sarà poca cosa: è sempre la stessa storia, se non tocco nulla per quieto vivere, alla fine non avrò soldi per fare alcunché.

E pensare che Assolombarda chiedeva 13 miliardi per il cuneo…

Le risorse per il cuneo non ci sono o se ci saranno saranno irrisorie. Non vorrei sembrare provocatorio, ma la Germania durante la crisi del 2007-2008 ha aumentato l’Iva e con quei soldi ha tagliato il cuneo fiscale. Una scelta forte per una misura strutturale. In Italia abbiamo da sterilizzare l’Iva e usiamo i 23 miliardi. Ma se li usiamo per l’Iva non li abbiamo per abbattere il costo del lavoro, semplice. L’unico modo di fare qualcosa di più è avere il coraggio di fare scelte impopolari, che però cozzano puntualmente contro una cultura della paura del cambiamento.

Facciamo un esempio?

Io sono rimasto allibito dal vedere tanta gente contraria al bonus sulle carte di credito. Come si fa ad essere contrari a una misura che ti dà dei soldi se usi la carta? Questo fa capire come toccare certi interessi in questo Paese sia impossibile. E allora: come pensare di trovare i soldi per il cuneo per non si è pronti a scelte forti?

Le imprese hanno fatto capire un’altra cosa: di essere preoccupate dei consumi che non ripartono…

Certo, abbiamo una domanda in grande difficoltà e se non c’è domanda, gli imprenditori non vendono e non producono. E in Confindustria abbiamo detto esattamente questo. Anche qui occorrerebbero scelte forti, uscendo dalla logica del momento e cominciando finalmente a pensare con un orizzonte più ampio. Con le imprese abbiamo ragionato su un’operazione di questo tipo: abbassare l’Iva su certi beni, così da riattivare la domanda interna, per aumentarla su quelli di lusso. Insomma, un’operazione selettiva. Ma anche qui, serve una volontà forte…

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