L’Italia ha avuto un ruolo nel Russiagate americano? E se sì, quale? Che cosa si sono detti i vertici della nostra intelligence (ammesso che delle faccende tra Russia e Usa in questione abbiano una conoscenza diretta) e i rappresentanti dell’amministrazione americana giunti nella Capitale? E quale è stato il grado di coinvolgimento del versante politico della Penisola, a cominciare dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha conservato finora la delega ai servizi segreti?
Questi e altri aspetti che ruotano attorno alla doppia visita che il ministro della Giustizia William Barr avrebbe tenuto a Roma saranno approfonditi a breve dal Copasir, il comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti che attende la nomina di un nuovo presidente.
C’è però un elemento precedente, che riguarda il perché, in una vicenda come questa, la Casa Bianca abbia preferito inviare non una delegazione della sua intelligence (di norma i servizi segreti parlano solo con i loro omologhi) ma l’Attorney General in persona. E, un altro aspetto, che concerne invece le strade che Giuseppe Conte, di fronte a una richiesta americana di aiuto e chiarimenti che secondo le ricostruzioni di queste ore era arrivata in piena crisi di governo (Barr sarebbe venuto la prima volta nella Capitale il 15 agosto, mentre pochi giorni prima, l’8 agosto, l’allora vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva ufficializzato la volontà della Lega di tornare alle urne, staccando la spina, dopo 14 mesi, all’esecutivo giallo-verde). L’altra visita, più recente, si sarebbe tenuta invece il 27 settembre, una manciata di giorni prima l’arrivo in Italia del segretario di Stato Mike Pompeo.
Elementi distinti, ma a loro modo intrecciati, perché danno da un lato la comprensione della missione di Barr, dall’altro la natura della richiesta giunta a Palazzo Chigi e dell’opportunità o meno di assecondare le richieste americane a seconda dell’approccio scelto.
Quanto al primo punto, la risposta è forse piuttosto semplice: da tempo i rapporti fra la Casa Bianca e la sua intelligence (la denuncia del whistleblower della Cia che ha dato avvio alla richiesta di impeachement nei confronti di Donald Trump è solo l’ultimo dei motivi di scontro) sono più che tesi. E, va da sé, che in un clima di grande sospetto reciproco tra il tycoon e gli 007 d’oltreceano come quello attuale, il presidente Usa abbia preferito inviare un uomo di fiducia come Barr, perdipiù autorizzato, in virtù del suo ruolo, ad avviare una azione penale in caso di acquisizione di prove su illeciti.
Qui si giunge al secondo punto. Che possibilità aveva l’inquilino di Palazzo Chigi Giuseppe Conte, che di lì a breve sarebbe stato riconfermato presidente del Consiglio, per rispondere alle richieste Usa?
Ferma restando, secondo la legge, la sua facoltà di non rendere pubblico l’incontro né la sua natura (tanto più perché conservava e tutt’ora detiene la delega ai servizi segreti), l’inquilino di Palazzo Chigi aveva di fronte a sé 4 opzioni, alcune opportune, altre meno. E, ora, al Copasir toccherà chiarire quale si sia effettivamente consumata.
La prima opzione, impossibile a verificarsi però dato il quadro, sarebbe stata quella di affidare la vicenda all’autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica (un ruolo che però non c’era né nel passato né nell’attuale esecutivo, almeno fino ad ora).
La seconda, anch’essa legittima e forse la più valida, avrebbe dovuto contemplare un incontro privato fra Conte e Barr, allargato, a discrezione del presidente del Consiglio, anche al nostro ministro della Giustizia.
La terza, borderline, sarebbe potuta essere incontrare Barr alla presenza dei vertici dell’intelligence italiana.
Mentre la quarta – la meno auspicabile – prevedeva autorizzare un incontro senza esponenti di governo tra i vertici dei nostri Servizi e il numero uno del Dis, il prefetto Gennaro Vecchione, con Barr e la sua delegazione.
Escludendo la prima e la seconda, restano gli altri due scenari, sui quali si sta animando il dibattito politico e sui quali ora il Parlamento cercherà di fare chiarezza. Con risvolti ancora imprevisti.