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Intelligenza artificiale, perché big tech e imprese italiane devono allearsi

Uno dei principali vantaggi comparati delle aziende italiane nell’attuale fase storica è la disponibilità di tecnologie incredibilmente performanti a prezzi per la prima volta abbordabili o addirittura gratuiti (vista la diffusione di prodotti open source). Naturalmente, non è così per tutte le soluzioni high tech. Pensiamo ai servizi offerti dai super-computer, che hanno costi sia Capex sia Opex estremamente elevati. O a consulenze particolarmente sofisticate e di dettaglio, che richiedono team di lavoro molto ampi per periodi prolungati. Per la maggioranza delle aziende, si aprono però opportunità senza precedenti, così come per il sistema produttivo nel suo insieme, in grado di poter superare uno storico elemento di debolezza, causato da una distribuzione dimensionale più spostata verso la piccola impresa di quanto non succeda in altri Paesi, dunque con minori budget per acquisire tecnologie sofisticate. Come per esempio il cloud computing, che risulta oggi la principale piattaforma abilitante per l’AI e che fornisce ai propri utenti, oltre a una serie di vantaggi organizzativi, risorse di elaborazione e storage di dati pressoché illimitate, consentendo di abbattere i costi fissi per le infrastrutture ICT e di commisurare la spesa all’effettiva necessità. Per tali ragioni, il suo utilizzo comporta benefici considerevoli soprattutto per le startup e le PMI.

Ma i vantaggi rappresentati dalle nuove piattaforme non si limitano all’AI e alle altre tecnologie abilitanti. Si pensi alla possibilità di acquisire conoscenze anche sofisticate, offerte da internet e dai motori di ricerca o al marketing online, che ancora una volta può rappresentare una soluzione tagliata su misura per le esigenze e i budget più svariati. Oppure alle piattaforme di e-commerce, che consentono a imprese anche molto piccole di vendere a migliaia di chilometri di distanza, senza la necessità di costruire una rete di distribuzione commerciale che non potrebbero permettersi. Un recente studio OECD ci dice che, tra tutte le aziende che hanno aperto una pagina Facebook, sono proprio le piccolissime imprese a vendere di più online (il 63% tra quelle che hanno meno di 5 dipendenti contro il 58% di quante ne hanno tra i 20 e i 49 e il 53% delle aziende che ne hanno almeno 250). Se confrontiamo le imprese che vendono attraverso canali online con quelle che hanno solo canali distributivi offline, notiamo che le prime non solo hanno più probabilità di esportare (14% vs 8%) ma ottengono più ricavi dall’export (il 42% delle aziende che esportano sul canale online ottiene più del 25% dei ricavi dalla domanda estera, risultato raggiunto solo dal 35% di quelle offline) e hanno più sbocchi commerciali (il 32% vende in almeno sei Paesi diversi, traguardo raggiunto solo dal 24% delle esportatrici su canali tradizionali). Sul fronte dell’export, un’altra tecnologia alleata delle PMI è la blockchain, che consente di certificare l’origine dei prodotti a costi e tempi estremamente ridotti e di combattere con efficacia senza precedenti la contraffazione, storica nemica dei prodotti di qualità made in Italy.

L’ultima frontiera tecnologica è poi rappresentata dai software di traduzione, sempre più sofisticati proprio grazie all’AI. Una delle principali barriere per le PMI che vogliano commerciare con l’estero è infatti la mancanza di competenze linguistiche, in particolare in un Paese come l’Italia. In uno dei primissimi studi sul tema, Erik Brynjolfsson, Xiang Hui e Meng Liu hanno stimato che il servizio di machine translation di eBay ha permesso un incremento dell’export statunitense mediato dalla piattaforma e diretto ai Paesi latinoamericani di ben il 17,5%. E potremmo essere solo all’inizio di un cambiamento epocale.

Fermo restando che questo tipo di benefici non esonera alcuna organizzazione dal rispetto delle regole previste dalle leggi vigenti nel Paese in cui svolge le sue attività, occorre ricordare alla montante schiera di critici delle big tech che eventuali punizioni esemplari in ambito europeo, che qualcuno sembrerebbe richiedere, o fughe in avanti unilaterali del nostro Paese, potrebbero segare i rami sui quali poggiano sia i consumatori, sia le nostre imprese. I primi perderebbero la possibilità di ricevere molti servizi gratuitamente o a minore costo, le seconde, a partire dalle PMI, di potersi continuare ad avvantaggiare degli strumenti digitali per abbattere uno storico fattore di debolezza derivante dalla minore dimensione media del nostro sistema produttivo. Grazie al quale, in attesa che Maometto vada alla montagna (ovvero le imprese italiane crescano in dimensione, un processo inevitabilmente lunghissimo, ammesso che sia coronato da successo), è la montagna ad andare da Maometto. Con tempi e costi decisamente inferiori.

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