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La guerra moderna? È psicologica. L’analisi di Valori

Tutte le intelligence contemporanee sono, comunque, dirette verso le risorse economiche e tecnologiche del possibile nemico e operano, 24 ore al giorno, nella Rete e anche nelle tradizionali macchine dei mass-media. Nell’ambito dei social media, per esempio, le tattiche più diffuse sono quelle della “censura selettiva”, oppure lo hacking di informazioni sensibili, che divengono egemoni nel discorso comune, oppure ancora la manipolazione degli algoritmi di ricerca internet, in modo da collegare alcuni contenuti ad altri, in modo del tutto irragionevole.
Il 30-40% dei testi che si ritrovano on line è pensato per ingannare almeno una parte dei lettori.
Inganno: tacere qualcosa e dire la verità su tutto il resto o, invece, creare una narrazione in cui le cose vere appaiono circonfuse di dati del tutto falsi.

Ma come, allora?

Modificando la percezione dei fatti, o delle notizie sui fatti, con aggettivi e sostantivi forti o deboli, oppure con simboli universali, e ancora con riferimenti a persone o cose di grande fama, negativa o positiva.
Il 15% è la quota media di esperti, ripeto esperti, messi fuori gioco dai testi automatizzati che si trovano sul World Wide Web, mentre circa il 60% di tutti i lettori è, solitamente, posto in difficoltà dai testi disponibili sulla Rete.
La statistica l’hanno fatta i Servizi canadesi.
Le tecniche operative sono ormai note a tutti: a) il Bot, un software che opera automaticamente sulla Rete, selezionando i contenuti, poi b) il contro-messaggio, un messaggio, appunto, che offre la versione “vera” o “falsa” di ciò che è stato affermato prima, ancora 3) il DOS, Denial of Service, l’interruzione temporanea della rete per un determinato utente, poi la vecchia Disinformazione, ancora 4) il Rumore, che copre la rilevanza della sequenza di dati utili alla comprensione di un determinato messaggio, poi 5) il SEO, Search Engine Optimization, l’ottimizzazione del numero di visitatori di un sito.
Sul piano tecno-ideologico, ci sono altre pratiche on line che vengono utilizzate quotidianamente dagli autori della Disinformazione: a) i Bot coordinati tra di loro, che creano una serie di rimandi che rafforza la notizia (falsa) che dobbiamo diffondere, b) l’uso di “domini” internet falsi in cui vengono creati siti e contenuti simili a quelli del “nemico”, c) l’uso di e-mail o siti che vengono piratati e diffondono notizie opposte a quelle che l’utente primario vorrebbe diffondere.

Contraddizione, menzogna, diffamazione.

Siamo ancora al vecchio tema de “la calunnia è un venticello” del barbiere di Siviglia, del “duetto dei fiori” della Madama Butterfly, ma tutto con una potenza di fuoco che Rossini o Puccini nemmeno si immaginavano.
Due sono i limiti profondi e concettuali di queste operazioni. Il primo è che, malgrado tutta la raffinata tecnologica possibile, i meccanismi psicologici di fondo sono sempre gli stessi: la diffamazione personale per via sessuale o altro (con una incapacità strutturale dell’élite di separare la notizia dalla disinformazione).
In molti casi, quindi, la disinformazione oggi ritorna indietro, e modifica negativamente il decision making di chi l’ha messa in atto. Le classi politiche che la conoscono, si salvano, le altre sono destinate a diventare loro e il loro Paese “servo di due padroni” e, comunque, irrilevante.

Poi ci sono gli effetti indesiderati.

Distruggo, per esempio, ed è capitato, una classe dirigente, visto che tutti “rubano”, poi mi trovo a dover stabilizzare un Paese ormai senza guida, magari recuperando qualcuno di quelli che ho bollato come “ladri”, e allora creo una dissonanza cognitiva con il mio stesso messaggio.

Come si sviluppa in modo ottimale, comunque, la possibilità di un attacco informativo (ma non necessariamente solo informatico) al sistema decisionale e alla pubblica opinione di un Paese-bersaglio?
L’attacco avrà successo se, per esempio, non ci sono fonti utili di buona informazione.
Senza una riserva di notizie e interpretazioni serie, oggettive e veritiere tutto il sistema, pubblico, privato, della Sicurezza e della formazione dell’opinione pubblica, alla lunga salta.
Altra condizione ottima per sferrare un attacco è l’incertezza: in una fase di insicurezza finanziaria, geopolitica, tecnologica, addirittura militare, con il terrorismo, ogni notizia, indipendentemente dal suo rilievo, è capace di generare innumerevoli effetti a cascata.
E chi mantiene l’incertezza è probabile che ne abbia un ritorno, in questo caso soprattutto economico e industriale.

Non dimentichiamo nemmeno che, se c’è una scarsa disponibilità all’informazione efficace, i canali dei media possono essere comprati e venduti, infettati da agenti avversi, indotti a acquisire informazioni solo da determinate fonti, peraltro già compromesse.
Se l’obiettivo commerciale è il target e soprattutto l’audience, tutto diviene possibile, per un operatore estero con cattive intenzioni.
Nessun Paese, nemmeno quelli che controllano maggiormente la Rete, è al riparo da operazioni similari.

Per controllare la situazione, e questo vale soprattutto per gli uomini che si occupano di Sicurezza dello Stato, occorre in primo luogo stabilire chi opera la disinformazione.
Persona fisica, più spesso, oppure organizzazione privata.
Poi, ovviamente, si tratta di fare il contrario esatto: ma utilizzando, preferibilmente, meccanismi d’azione diversi: un sito simile e magari “finto” se si tratta di un Bot, un attacco personale se, magari, ci troviamo di fronte a una campagna di stampa.
Mai, quindi, ripetere la stessa “aria di famiglia”.
Le motivazioni astratte e politiche in senso generale non vanno trascurate: ci sono le ONG, gli Stati, i partiti politici, le imprese che, di solito, fanno costantemente disinformazione.
E non vengono nemmeno tracciate, spesso, dai Servizi.
Ovviamente, ci sono anche i terroristi, ma qui entriamo in un altro sistema di comunicazione.
Naturalmente, è anche meglio lasciar andare avanti tutta la disinformazione, con i suoi processi paralleli e imprevisti, per vedere bene chi la fa e dove vuole arrivare.
Normalmente, tali operazioni hanno una rapida fine, ma né chi le mette in atto né la vittima sanno bene né gli effetti né i tempi di durata dell’operazione.
Obiettivo primario di tutte le tecniche di disinformazione è l’alterazione parziale o completa della percezione della realtà.
Quindi, è essenziale comprendere le divisioni interne al campo avversario.

Popolare o elitario.

Se si crede che il nemico sia tutto uguale, si opera per la sua propaganda e ci si inibisce sempre qualsiasi operazione di “guerra psicologica”.
Una risorsa essenziale, in questo campo, è la teoria della cospirazione.
Si segmenta il campo altrui, ma si ipotizza l’assoluta unicità di chi ha generato il contenuto che non ci piace o che ci danneggia.
Una cospirazione ben gestita riesce a arrivare dove poche altre tecniche di disinformazione funzionano.

Perfetta per semplificare tutte le questioni, individua subito quello che è l’obiettivo di ogni psywar: trovare il nemico, vero o falso che sia.
Altra procedura è, solitamente, quella di utilizzare figure da tutti ritenute “terze” per diffondere messaggi contro il nemico (e anche qui l’ecologismo attuale è pieno di esempi) per poi rinforzare il loro messaggio tramite altre fonti informative: la verità nasce dalla ripetizione, e la mente apprende non da un singolo fatto o evento, o da una sola persona, ma, sempre, da quello che Fritjof Capra definiva un ecosistema mentale.
Il cervello umano è fatto in modo da tendere a credere sia alla ripetizione, come è ovvio, sia alla somiglianza e all’omogeneità.
Un cervello, il nostro, che si è evoluto solo tra i gruppi umani già formati, non a caso la nostra maturazione cerebrale, diversamente da quello che accade per gli animali, deve compiersi in un contesto post-natale sociale, familiare, di gruppo.

Altro elemento da non trascurare è che, come in tutte le psicologie della gestalt, della “forma”, quello che conta non è solo quello che si vede, ma anche quello che non si vede.
Ma allora, come si può contrastare una operazione del genere? La negazione è sempre la migliore risposta.
Ma è semplice e ripetitiva, sempre prona alle operazioni psyops altrui.
La negazione semplice blocca il gioco di rimandi e di ombre che si svilupperebbe se la vittima dell’operazione si dilungasse in spiegazioni, che l’87% degli ascoltatori, in Rete o anche nei vecchi media, non segue mai. Chi si giustifica ha sempre torto.
Serve per tamponare, la negazione, ma non è certo una risposta stabile e definitiva.
Altra tecnica è quella di diffamare e attaccare coloro che operano la disinformazione.
Anche questo un meccanismo che dura poco.
Non si contrasta mai una campagna di disinformazione con interventi temporanei e limitati.
La disinformazione è sempre un flusso potenzialmente infinito, a cui si deve rispondere creando uno state of mind (non una “notizia”, ma uno stato mentale stabile e magari privo di fondamento) che sia sempre potenzialmente e ugualmente infinito.

Oggi abbiamo a che fare, nella “guerra delle ombre” con le grandi attività di influenza, che sono azioni di modifica cognitiva, ovvero azioni di modifica delle percezioni comportamenti e decisioni di alcuni gruppi-bersaglio, nel Paese da influenzare, che possano essere modificate a beneficio della Potenza agente.
O anche di operazioni ad amplissimo spettro, che riguardano l’intera audience politica.
Le “campagne di influenza” invece, sono operazioni di un Potere avverso e estraneo che tendono a mettere insieme differenti piccole e settoriali azioni di influenza, che possono avere obiettivi comuni o comunque non contraddittori tra di loro.
Ovvero, possiamo influenzare tramite le “operazioni di influenza” le azioni della classe politica, di parte o di tutta la pubblica opinione di un Paese, oppure le attività di un Paese alleato.
Le azioni di influenza, se proprio vogliamo rimanere ignari rispetto al testo machiavelliano, sono sempre legate all’inganno strategico e alla possibilità di sfruttare le debolezze del nemico.

Quindi, le operazioni di influenza sono, certamente, un inganno, ma soprattutto segnano una nuova Intenzione, o una Interferenza.
Tutto, però, accade nella catena epistemica formata da singoli individui, poi nella sfera sociale o para-sociale, connotata dai rapporti reali degli individui tra di loro, la sfera pubblica vera e propria, i media, le élite, gli “esperti”, il sistema scientifico e tecnico di un Paese.
I media occidentali, tutti, sono oggi sempre più deboli e spesso poco attenti alle operazioni di influenza perché sono sottoposti ad un cambio velocissimo di tecnologie, di una rapida indicazione commerciale del sistema, siamo tutti market oriented a breve termine, e tutte le operazioni di influenza oggi verificate sfruttano soprattutto le debolezze tecnologiche, legali e economiche dei vari Paesi per i propri fini.
La vulnerabilità della pubblica opinione è ancora un altro tema. Non c’è solo la possibilità, per ogni operatore di psywar, date le nuove tecnologie, di modificare la percezione del mondo degli altri, ma di farlo in modo coperto.

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