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Così (anche) l’Italia potrà competere nel mercato globale della Difesa

Una grande novità è in arrivo per la Difesa italiana. Invocato da tempo dal comparto nazionale per poter competere nelle sfide dell’export, il meccanismo degli accordi governo-governo (o g2g) è stato inserito come norma all’interno dell’ultima bozza del decreto fiscale. “Attendiamo che passi”, ha commentato ai nostri microfoni Guido Crosetto, presidente dell’Aiad, la Federazione che riunisce le aziende dell’aerospazio, difesa e sicurezza. “Per ora – ha aggiunto – non possiamo che essere favorevoli, visto che si tratta di un testo concordato tra tutti gli attori in campo, pubblici e privati”. Il dossier è apparentemente complesso, ma di fondo molto semplice: si tratta di permettere allo Stato di offrire alle industrie che esportano materiali di difesa non solo supporto tecnico (già possibile), ma anche una vera e propria attività contrattuale.

UN GAP DA SUPERARE

Tale meccanismo permette alle aziende di evitare lunghe e dispendiose gare internazionali, ma anche di presentarsi all’estero insieme allo Stato, una garanzia agli occhi di chi acquista. Lo strumento è già a disposizione di tutti i Paesi che si contendono il mercato dell’export della Difesa, dagli Stati Uniti alla Francia, passando per Regno Unito, Francia e Svezia. L’Italia, almeno fino all’ultima bozza di decreto fiscale (e in attesa che venga confermata), restava indietro, priva di una riforma g2g invocata da tempo da esperti e addetti ai lavori. Il gap è riscontrato anche nella relazione illustrativa al decreto fiscale, che parla di “un importante differenziale competitivo rispetto agli altri player del settore”, a fronte della “crescente richiesta degli Stati esteri di avere una interlocuzione governativa nelle trattative aventi a oggetto materiale di armamento”. Perciò, si legge “è fondamentale che anche il sistema-Paese Italia si doti di strumenti analoghi a beneficio dell’industria nazionale nelle proprie campagne export”.

IL TESTO

Il decreto fiscale propone dunque di modificare l’articolo 537 ter del Codice dell’ordinamento militare, aggiungendo al “supporto tecnico-amministrativo” anche “attività precontrattuale e contrattuale”. Questa è la piccola modifica che, se confermata nell’iter della legge di bilancio, potrebbe garantire all’Italia di giocare ad armi pari con gli altri big della difesa globale. Restano i limiti previsti, cioè il “rispetto dei principi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d’armamento”, nonché la necessaria “intesa con il ministero degli Affari esteri” e la specifica che tali attività possano riguardare i Paesi con cui “sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare”, elemento che presuppone una precedente scelta strategica di politica internazionale.

LE SPECIFICHE

Nella relazione illustrativa si specifica inoltre che le novità sul g2g verranno disciplinate nel dettaglio da un apposito regolamento, come previsto dal Codice dell’ordinamento militare. Sarà proposto dal ministro della Difesa, di concerto con i colleghi di Esteri e Finanze, e dovrà passare per il parere delle commissioni parlamentari competenti. Sarà tale regolamento a definire come la Difesa stipulerà i contratti, se attraverso un’articolazione già esistente (tutto porterebbe a pensare al segretariato generale e direzione nazionale armamenti) o mediante un nuovo organo, la cui creazione certamente comporterebbe tempistiche più lunghe. Eppure, qualche dettaglio è contenuto nella relazione illustrativa alla bozza di decreto fiscale. Si sottolinea che sarà adottato il meccanismo “back to back”, attraverso cui si evita al ministro della Difesa qualsiasi responsabilità in caso di pretesa da parte dello Stato acquirente, poiché essa verrà trasferita all’industria produttrice. Lo stesso per i pagamenti alle imprese nazionali, che saranno totalmente a carico del Paese che acquista.

UN MERCATO COMPLESSO

La novità (invocata da ultimo in uno studio della Fondazione Icsa) si preannuncia rivoluzionaria, da inserire in un approccio diverso al mercato globale della Difesa. Con un contesto complesso come quello odierno, infatti, solo l’accompagnamento dello Stato nelle sedi opportune permette alle aziende del settore di poter essere competitive all’estero, alla ricerca di sbocchi essenziali per mantenere posti di lavoro ed eccellenze tecnologiche se il budget interno resta risicato. D’altra parte, i clienti nel settore della Difesa sono proprio gli Stati. Intraprendendo la ricerca di tecnologie per le rispettive forze armate, essi si rivolgono prima di tutto agli omologhi istituzionali in cui hanno sede le industrie proponenti. In tale prospettiva si inserisce anche la partita relativa agli F-35, per cui la ricerca di maggiori ritorni industriali passa inevitabilmente attraverso l’iniziativa pubblica.

LA DIPLOMAZIA COMMERCIALE

Sul tema si è espressa oggi anche Maria Tripodi, capogruppo di Forza Italia in commissione Difesa alla Camera, chiedendo al governo di implementare “la diplomazia commerciale: un utile strumento per la promozione delle nostre aziende e volàno di sviluppo per l’intero comparto della difesa”. Il riferimento è alla visita, ieri, di una delegazione polacca allo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, unico centro di assemblaggio e verifica finale per gli F-35 in Europa. Accolta dal sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo (qui le sue parole), la delegazione di Varsavia è in fase di valutazione per l’acquisto per 32 velivoli. “Il fatto che il governo polacco stia valutando l’acquisizione di un significativo numero di velivoli di quinta generazione – ha detto la Tripodi – è la dimostrazione di come la nostra tecnologia e l’alta professionalità degli addetti siano un modello vincente”.

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