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Fenomeno Greta. Cosa cambia e perché nel mondo della comunicazione

Puoi odiarla o amarla. Credere che sia un personaggio autentico piuttosto che l’operazione di qualche lobby. Ma non puoi ignorarla. Greta Thunberg è interessante non solo e non tanto per il messaggio che porta, già conosciuto. Piuttosto, dal mio punto di vista di comunicatore e sociologo, è rilevante il “fenomeno Greta”, che sta cambiando tutte le regole della comunicazione pubblica, istituzionale e aziendale. Ribaltando gli assi delle leadership pubbliche e generazionale.

Cosa racconta infatti nei suoi discorsi e perché? Proviamo un attimo ad analizzare per poi trarre qualche conclusione aperta.

L’APOCALISSE NEL DIBATTITO PUBBLICO

“Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote.[…]. Le persone stanno soffrendo, stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica? Come osate?”. Questo è solo uno degli ultimi e accorati discorsi pronunciati da Greta di fronte ai leader della terra. Negli ultimi 12 mesi, Greta Thunberg ha fatto discutere il mondo con i suoi interventi pubblici. Guardiamo quali sono stati i più rilevanti, come riportato da un approfondimento SkyTg24:

4 dicembre 2018: Katowice – Polonia

25 gennaio 2019: Davos – World Economic Forum

16 aprile 2019: Strasburgo – Parlamento Europeo

18 aprile 2019: Senato italiano – Palazzo Madama

22 aprile 2019: World Earth Day – Londra

19 settembre 2019: Congresso Usa – Washington

23 settembre 2019: Palazzo Onu – New York

greta cr

Davvero una grande profusione di attivismo. Ma vi siete presi una mezz’oretta per ascoltarli tutti?

Io sì. Li ho ascoltati e ho notato alcune cose: le parole usate, le immagini evocate e le emozioni suggerite. Ecco le parole-immagini a maggior impatto cognitivo:

  • “Furto di futuro” (Katowice)
  • “Indicibile sofferenza” (Katowice)
  • “Casa in fiamme” (Davos)
  • “Fallimento del Sistema e dei movimenti politici” (Davos)
  • “Acidificazione dell’aria e degli oceani (Strasburgo)
  • “Catastrofi accellerate” (Strasburgo)
  • “Fine della civiltà umana” (Italia)
  • “Bivio di fronte all’umanità (Londra)
  • “Indicibili sofferenze umane” (Washington)
  • “Sacrifici della biosfera” (Washington)
  • “Estinzioni di massa” (New York)

E come lei stessa ha detto a Davos: “Non voglio la vostra speranza, voglio che entriate nel panico. Tutti devono sentire la paura che io provo tutti i giorni”.

Sono temi potenti e affermazioni fortissime, prima d’ora mai pronunciati così nel dibattito pubblico mainstream. Come si può notare nei discorsi di Greta c’è anche una escalation tematica che ci porta dalle questioni dell’urgenza il “Furto di futuro” a quelle della rovina con le “Estinzioni di massa”.

Certo, Greta ci parla del cambiamento climatico, ma il “fenomeno Greta” in realtà è a più ampi spettro: ci ammonisce sulla “fine del mondo” (non caso, è stata soprannominata “Guru of Apocalypse”). La sua azione ci mostra il termine di un sistema sociale, economico, politico con un tono emotivo che è andato via via in progressione: dalla delusione al tradimento fino alla rabbia. Sentimenti che poi ci accomunano come popoli della Terra. Ma cosa accade quando nell’agenda pubblica globale si introduce ufficialmente il tema del panico e dell’Apocalisse?

VIVERE NELLA FINE DEL MONDO

Se qualcuno – che ha influenza mediatica come Greta – introduce nel dibattito mondiale il tema dell’Apocalisse cambia tutto. Soprattutto se è una giovane di 17 anni. Cambia il sistema di rappresentazione del potere, cambia il modello di interpretazione generazionale (giovane/vecchio), cambia la percezione collettiva della leadership.

Forse la Thunberg non lo sa, ma quello che sta facendo, va ben oltre il suo messaggio principale e modifica alcune consolidate questioni. Il “fenomeno Greta” infatti – al di là del tema “climate change” – sta ribaltando gli assi della conoscenza sociale e generazionale.

Innanzitutto vedere una ragazza di 17 anni in “missione esistenziale” di fronte al mondo cambia la prassi del comando generazionale. L’idea secondo cui c’è il “vecchio” che ha il potere-conoscenza e il giovane che non conosce e che deve ascoltare non è più valida. Già oggi è così, ma il “fenomeno Greta” sta accelerando cambiamenti nei sistemi di potere pubblici e privati. Pensiamo alle ripercussioni istituzionali e aziendali di tutto questo. Come faranno manager e top manager a farsi assecondare?

Poi, osservare Greta che si appassiona, piange, ride, si arrabbia ribadisce oggi l’esigenza di passionalità nei modi di trasferire conoscenza. Dalla conoscenza scientifica e fredda a quella personale e calda. D’altronde da quanto tempo sappiamo scientificamente che il clima è un problema? Moltissimo. Ma “l’effetto Greta” riporta alla ribalta, se mai fosse necessario, l’urgenza di empatia nella comunicazione pubblica, oltre la razionalità del dato.

Infine, osservare Greta, che si erge esile di fronte ai potenti, è un po’ contemplare Davide davanti a Golia. Ed essere testimoni di come si stiano trasformando le pratiche di manifestazione della leadership personale. Non più il leader adulto, sicuro e forte, ma il leader resiliente, anche fragile, che però è carico di una visione e di un ardore.

Il “fenomeno Greta” è una totale messa in discussione dei modelli umani e organizzativi che hanno guidano finora istituzioni e aziende. Ma è normale così: le Apocalissi portano cambiamenti. E richiedono leader sognatori, romantici, audaci, testardi, presenti e consapevoli.

 

 

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