Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Obiettivo Usa 2020. Trump metterà sul tavolo le sanzioni a Kim?

Il primo ottobre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ricevuto alla Casa Bianca uno dei quotidiani briefing di intelligence, che in quel giorno aveva un focus particolare: la Corea del Nord. In funzionari americani, diretti dal neo Consigliere per la Sicurezza nazionale, Robert O’Brien, spiegavano che di lì a poco Pyongyang avrebbe lanciato un missile intercontinentale sottomarino, e che quello significava che il Nord aveva raggiunto uno step importante verso una tecnologia problematica. Avere missili e avere sottomarini significa permettersi la potenzialità di “second strike”, ossia contrattaccare.

Secondo due fonti sentite dal Time, Trump ha ascoltato molto distrattamente il briefing – “non se ne curò”, “non mostrò alcun interesse”, dicono anonimamente i funzionari presenti alla riunione, virgolettati nel pezzo del settimanale su cui Trump adora finire in copertina. Motivo: il presidente degli Stati Uniti non intende tornare indietro sulla strada dei negoziati con il satrapo Kim Jong-un, e per questo accetta certe intemperanze nordcoreane – i test missilistici di vettori a medio raggio sono ripresi con costanza negli ultimi mesi, nonostante a luglio i due leader si siano incontrati sul 38esimo parallelo, ma Trump ha sempre cercato di minimizzare, e lo stesso fa stavolta.

Il 2 ottobre, quel missile di cui i funzionari parlavano a Trump nel briefing è stato effettivamente testato attraverso l’uso di una chiatta sommersa. Il Nord non ha ancora la capacità di implementare il sottomarino diesel-elettrico mostrato nei mesi scorsi come un trionfo patriottico con il sistema missilistico del Pukguksong-3, ma prossimamente raggiungerà anche questo step. (Nota sul quadro delle relazioni attorno allo Studio Ovale: le intelligence americane hanno informazioni talmente tanto approfondite sui loro nemici che riescono a informare il presidente di quello che succede non solo in tempo reale, ma con diverse ore di anticipo in modo da preparare una risposta adeguata, e Trump, come già accaduto in passato, si mostra disinteressato davanti a questa potenzialità dirompente, frutto di un lavoro profondo costruito in anni e anni. Come credete che si sentano i dipendenti delle agenzie? È chiaro lo scontro in campo).

Ieri, davanti ai fatti, la portavoce della Casa Bianca ha parlato per smentire le informazioni pubblicate dal Time, “non è vero che il presidente non ha interesse su quel che succede in Corea del Nord”, ha detto. Però è vero che per ora Trump a quest’ultimo test non gli ha dedicato attenzione, nonostante a settembre abbia twittato come non mai – perché evidentemente sente il bisogno di spingere: è in difficoltà. Trump in questi giorni ha rivelato pubblicamente ai giornalisti di aver chiesto alla Cina di indagare sul conto di un suo rivale alle presidenziali del 2020, Joe Biden, e la CNN ha scoperto che quella che sembrava una boutade o al più una tattica per far passare sotto impunità l’altra richiesta identica – quella fatta al presidente ucraino che gli è costata l’avvio dell’impeachment per abuso di potere e ha aperto la stagione delle difficoltà – era vera. Fatta dal Prez durante una telefonata avuta a giugno con l’omologo cinese Xi Jinping, a cui avrebbe anche chiesto approfondimenti su Elizabeth Warren, la seconda più forte sfidante democratica. In quell’occasione Trump promise al cinese di restare fuori dalle proteste di Hong Kong: un do ut des?

Le elezioni presidenziali del prossimo anno sono un tema anche riguardo al dossier nordcoreano. Trump ha garantito ai suoi elettori – che sono una base ferrea ed ideologizzata che non viene scalfita dalla maggior parte dei fatti che avvengono attorno alla Casa Bianca – un accordo con un grande nemico degli Stati Uniti. E quello con Pyongyang, ad oggi, sembra l’unico concretizzabile; complicata una negoziazione con l’Iran, anche se non da escludere, complessa e troppo articolata quella con la Cina, impossibile col Venezuela per esempio.

Per questa ragione, starebbe passando sopra a quelle che potremmo definire bonariamente “manifestazioni di nervosismo di Kim”, che in realtà spara missili per ricordare che ha una forza di deterrenza da poter giocare e per mostrare il suo malcontento davanti a un processo di contatto che l’ha portato ad accettare il dialogo con il nemico ideologico, l’America, senza ottenere per ora niente in cambio. Kim sa che per evitare malumori interni deve riportare a casa un risultato minimo, l’eliminazione di alcune delle sanzioni internazionali che strozzano l’economia nordcoreana: solo con i soldi può ripagare il suo passo forte contro una narrativa anti-aemricana che dura da decenni.

Trump ha chiaro il valore della partita, e secondo quanto riportato due giorni fa da Vox.com (sito piuttosto informato sulle dinamiche interne all’amministrazione Usa), il presidente americano avrebbe pronta una proposta: sarebbe disposto a offrire a Kim un alleggerimento del regime sanzionatorio. Per le precisione vorrebbe mettere sul piatto l’eliminazione delle misure che riguardano il blocco delle esportazioni del settore tessile e del carbone, per almeno tre anni. In cambio chiede l’avvio del disarmo nucleare almeno nel rettore di Yongbyon e lo stop dell’arricchimento spinto dell’uranio.

Questa proposta va contro un quadro complesso che riguarda sia gli Stati Uniti sia il loro impegno internazionale. A Washington, Trump è l’unico disposto a trattare in questo modo, ossia dare qualche concessione prima dell’avvio effettivo della denuclearizzazione: tutti gli altri apparati, dai dipartimenti interessati fino a intelligence e Congresso, intendono il sollevamento delle sanzioni come un processo successivo alla verifica del denuke. Lo stesso vale per l’Onu: quelle sanzioni sono state infatti decise dal Consiglio di Sicurezza, ma secondo le informazioni disponibili, Trump sarebbe pronto anche a prendere una decisione unilaterale (in effetti ha la forza per rendere la scelta efficace anche da solo).

Ci sono dei problemi tecnici, come per esempio il fatto che Yongbyon è una struttura molto complessa e all’interno delle sue articolazioni la Corea del Nord non ha mai permesso ispezioni: come sarebbe possibile verificare l’effettivo avvio della denuclearizzazione? Inoltre, nel corso di tre anni Pyongyang potrebbe anche decidere di bluffare guadagnando tempo sui suoi programmi, o shiftare verso lo sviluppo di armamenti chimici e/o batteriologici per esempio.

Poi c’è la questione di carattere più politico: se dopo la serie di test effettuati durante quest’estate gli Stati Uniti accettano di continuare i colloqui – che ripartiranno la prossima settimana, e hanno come obiettivo ultimo la preparazione di un altro, il quarto, incontro tra Trump e Kim – e se il presidente americano spingere quel genere di proposta, la satrapia non percepirebbe tutto come una debolezza?

E qui, ancora, il piano della politica interna ed elettorale di Trump si incrocia con gli interessi internazionali del paese che guida. Trump vuole un accordo per poterlo rivendicare in campagna elettorale, ma è disposto a esporsi in modo eccessivo. Il presidente continua a insistere che queste sue scelte rientrano all’interno della sua visione negoziale del mondo, ma per arrivarci rischia di dare spazio agli interlocutori degli Stati Uniti, che in questa fase hanno chiaro come comportarsi con lui. Dare per ottenere.

Ieri il New York Times ha pubblicato una serie di messaggi attorno a quello che passa come Ukrainegate, la richiesta di Trump di indagare Biden fatta al presidente Volodymyr Zelensky a cui in cambio prometteva lo sblocco di una commessa di armi. In uno di questi l’ambasciatore americano all’Ue, Gordon Sondland, scrive a William Taylor, chargé d’affaires americano in Ucraina: “Credo che sia una cosa da pazzi trattenere fondi per l’assistenza per la sicurezza per ottenere aiuti per la sua campagna politica”. Il rischio è leggere qualcosa di simile a proposito delle concessioni proposte alla Corea del Nord, a meno che la sua idea non venga fermata prima.

×

Iscriviti alla newsletter