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I sette miliardi dall’evasione non sono fantasia. Parla Paolazzi (Ref)

La caccia annuale alle risorse per la manovra è partita. Fatto il Def, indicati gli obiettivi, adesso è tempo di farsi un pochino di conti in tasca per capire se i soldi per mantenere le promesse ci sono, oppure. La manovra da 30 miliardi illustrata cinque giorni fa dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, porta in dote uno stop all’Iva che da solo vale 23 miliardi, più altri 7 da impiegare sul fronte della crescita e degli investimenti. Parte delle risorse (10-14 miliardi) arriverà dalla flessibilità concessa dall’Europa, il resto dalla lotta all’evasione e dalla revisione delle agevolazioni fiscali. E proprio al capitolo evasione il governo punta a ottenere 7 miliardi. Per molti è pazzia solo immaginarlo, per qualcun alto il target è verosimile. Formiche.net ha sentito in merito Luca Paolazzi, economista e per oltre 11 anni a capo-economista di Confindustria, prima di traslocare a un altro Centro studi, il Ref.

Paolazzi, 7 miliardi dalla lotta all’evasione. Sogno o realtà?

Se dovessimo guardare alle nuove misure di lotta messe in campo, ci sarebbe da dubitarne. Tuttavia c’è un provvedimento prossimo all’andare a regime, preso nella precedente legislatura, che può portare a ottenere queste risorse:  è  l’obbligo di fatturazione elettronica per la vendita al dettaglio. Dal 1 gennaio prossimo sarà obbligatoria per tutti, anche per chi va al bar, dove sarà battuto sia lo scontrino cartaceo sia quello elettronico. Questo porterà a una maggiore obbedienza fiscale, tax compliance come dicono gli inglesi.

E dunque?

Tale misura, finora obbligatoria solo per una certa soglia di fatturato, ha già comportato un aumento delle entrate da Iva il che porta a sua volta un incremento delle entrate dirette, come Irpef e Ires, e dei contributi sociali e questo con un moltiplicatore piuttosto alto. Tutto ciò per dire che è lecito nel tempo attendersi un maggior gettito per 11-15 miliardi e considerando che al governo ne servono 7, queste risorse si potrebbero portare a casa senza colpo ferire. Naturalmente c’è il rovescio della medaglia. E cioè che tutto questo significa più soldi da parte delle famiglie all’Erario e dunque alla fine un aumento della pressione fiscale.

Un aumento della pressione è proprio quello di cui il Paese non ha bisogno, o no?

Questo Paese, in questo momento, ha bisogno di navigare in acque tranquille. Non possiamo permetterci manovre lacrime e sangue, veniamo da due recessioni e non possiamo sopportarne una terza.

Siamo quindi dinnanzi a una manovra che ci può proteggere da eventuali attacchi dei mercati?

Direi di sì, anche se alla fine vengono rimandati ai posteri alcuni problemi. Certamente sfrutta le risorse derivanti dai minori tassi di interesse sulle nostre emissioni di debito, ma per esempio non elimina del tutto le clausole di salvaguardia, che verranno sterilizzate per il 2020 ma non per il 2021.

Paolazzi, quest’anno l’Italia farà crescita zero. Il prossimo solo dello 0,6% secondo l’ultimo Def. Non crede che su 30 miliardi di manovra, 23 di Iva e 7 per la crescita siano pochini?

Credo che sterilizzare l’Iva sia una forma di sostegno alla crescita. Senza il disinnesco dell’Iva nel primo anno avremmo avuto una crescita dello 0,4% inferiore il primo anno e dello 0,6 il secondo.

Ieri gli imprenditori di Assolombarda hanno chiesto l’immediato stop alla Quota 100. Lei è d’accordo?

Assolutamente sì. Se noi guardiamo alla Nota di aggiornamento, c’è un grafico che dimostra la crescita esponenziale della spesa pensionistica, che rimane tra le più elevate d’Europa. Abbiamo speso e spendiamo tantissimo in vecchiaia ma poco in famiglia e per questo credo che sia una misura da eliminare.

Anche il reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza rappresenta una forma di copertura universale alla povertà, molte persone che erano sulla soglia della povertà sono diventate povere con la crisi. Dunque, a prescindere da come è stata strutturata la norma, che comunque poteva essere fatta meglio, un sistema di sostegno alla povertà che si chiami reddito di cittadinanza o meno, andava fatto.

Il governo sta puntando forte sugli investimenti verdi attraverso emissioni obbligazionarie, i green bond. Può funzionare?

Che si chiamino bond verdi, gialli o rossi sono sempre debito pubblico. Credo sia giusto e necessario che l’Italia segua la tendenza mondiale a una maggiore sostenibilità, perché sarebbe ora di preoccuparci del futuro dell’ambiente. E poi l’Italia ha un patrimonio naturalistico da proteggere. Dobbiamo stare attenti, perché le obbligazioni fanno debito e il debito è il grande problema di questo Paese. Se avessimo un debito al 60% del Pil potremmo fare quasi quello che ci pare.

Dalla Nota di aggiornamento al Def è emerso il tramonto delle privatizzazioni. Perché è sempre così difficile attuarle?

C’è di mezzo la mancanza di volontà politica e una certa cultura italiana che pensa sempre ai privati e al profitto come qualcosa di cui diffidare. C’è una grande parte di Paese che guarda in cagnesco ai privati. Non resta moltissimo da privatizzare comunque. Forse, oltre a vendere quel poco che è rimasto, sarebbe bene pensare a come gestire meglio e secondo criteri privatistici e di mercato molti servizi pubblici, a cominciare dai trasporti locali.

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