Non chiamatele elezioni regionali. Sulla carta il voto umbro rimane tale. Ma nei fatti tutti, anche il governo, lo considerano un pit-stop cruciale per sondare gli umori del Paese. Lorenzo Pregliasco, fondatore di Quorum e YouTrend, spiega a Formiche.net qual è il giusto peso da dare al test di domenica.
Pregliasco, perché dare tanta importanza al voto umbro?
Non bisogna esagerarne la portata, ma non c’è dubbio che sia un test politico. È la prima volta in cui gli elettori si esprimeranno dopo la crisi di agosto.
Quindi è un test per il governo?
È un’elezione regionale che risponde a tanti fattori locali e ha un importante significato simbolico. Dopotutto è il primo appuntamento elettorale dove gli elettori troveranno sulla scheda i simboli di Cinque Stelle e Pd uno sopra l’altro. I cittadini umbri avranno un antipasto di un’operazione politica che presenta molte incognite.
La chiamavano la rossa Umbria. Poi cosa è successo?
Numeri alla mano, il cambiamento è notevole. Alle elezioni regionali del 2005 la differenza fra centrosinistra e centrodestra era di trenta punti percentuali. Dieci anni dopo, nel 2015, sono diventati quattro, l’Umbria si è trasformata in una regione contendibile. Le elezioni europee di maggio hanno certificato il crollo del centrosinistra e l’avanzata del centrodestra a trazione leghista.
Oggi?
Non sappiamo come finirà. Certo, i sondaggi fotografano un terreno ostile al centrosinistra. Curioso, per una regione che è sempre stata considerata una roccaforte rossa.
La photo-opportunity del governo in Umbria è un rischio?
È sicuramente un azzardo mettere il cappello su un’operazione politica in salita, per di più a pochi giorni dal voto. La foto di gruppo a Narni può dare una mano alla coalizione ma può anche offrire a Matteo Salvini un utile appiglio in caso di vittoria. Il segretario leghista può usare quell’istantanea di Conte, Di Maio e Zingaretti per trasformare il voto in un giudizio sull’intero governo.
Gli italiani apprezzano le liste civiche? Cosa emerge dagli archivi?
Dipende da regione a regione. Al Sud il voto è molto personale, spesso il candidato che gode del maggior consenso nella lista civica riesce a portare a casa il risultato. È accaduto in passato in Sicilia, dove le liste sono molto frammentate, altrove invece le liste civiche non hanno avuto successo. Non è certo un esperimento nuovo. Nel 2005 il centrosinistra appoggiò in Veneto un candidato civico come Massimo Carraro, nel 2013 fece lo stesso in Lombardia con Umberto Ambrosoli. Ciò detto, l’operazione presenta dei rischi.
Ad esempio?
L’alleanza può avere l’effetto paradossale di sottrarre seggi al Pd. Camminare insieme ai Cinque Stelle può facilitare un buon risultato, ma costringe i dem a dividere con loro la torta finale in caso di vittoria. Il test umbro dirà se vale la pena ripetere l’esperimento in Emilia-Romagna.