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Raggi e l’Ama, ovvero l’immobilismo dinamico sui rifiuti (che si fa beffa dei romani)

Nel crescendo della crisi degli ultimi giorni mi sono più volte domandato: ma questa amministrazione ha deciso di farsi commissariare? In tre anni e mezzo si è assistito a una sorta di “immobilismo dinamico”: numerose iniziative e attività che non hanno avuto alcun effetto, ma una serie di risultati: una differenziata al palo, il “porta a porta” fallito, i sacchetti a codice colorati, inutili, sette cambi di vertici nella municipalizzata dei rifiuti. L’Ama con tre bilanci bloccati e impossibilitata a pianificare un futuro, capacità di raccolta crollata, strutture impiantistiche al lumicino; nessun assessore all’ambiente da oltre 10 mesi. Il ricorso sistematico a discariche e termovalorizzatori solo di altri territori.

Di fatto un pantano che nemmeno l’intervento emergenziale della Regione a giugno è riuscito a smuovere. E dire che sarebbe stato sufficiente solo un po’ di buon senso e seguire le indicazioni e le istruzioni regionali per provare a porre almeno le basi nella pausa estiva per un effettivo cambiamento di rotta. E invece? Nulla di fatto! Riaprono le scuole, la città è di nuovo in fermento e le strade cominciano a riempirsi, portoni e condomini sono sempre più pieni di immondizia, mense, ospedali, istituti scolastici e luoghi pubblici sono a rischio sanitario e giungono allarmi da ogni fronte (ordine dei medici, Garante per l’infanzia, associazione dei Presidi).

E di fronte a tutto questo abbiamo una amministrazione che grida allo scandalo, ai poteri forti e agli interessi economici. Denuncia la sicura apertura di nuovi impianti in deroga nel proprio territorio, boccia il piano pluriennale della Regione; e comunque si dispera per aver ricevuto solo quindici giorni in più rispetto al provvedimento emergenziale di giugno. Ma perché disperarsi e chiedere più tempo? Secondo la Regione in quindici giorni Roma dovrebbe tornare alla “normalità”, o, meglio, alla sua solita “normalità precaria” in grado, grazie ai nuovi accordi con le Regioni Marche e Abruzzo e al rientro a pieno regime dei Tmb di Malagrotta, di far fronte ai suoi rifiuti giornalieri, sebbene al limite della sostenibilità.

Quindi perché questa richiesta di ulteriore assistenzialismo gestionale? Una possibile spiegazione è il voler evitare di fare i conti con il proprio approccio ideologico-politico in tema di rifiuti e di non dover quindi continuare a provarne in campo la sostanziale inadeguatezza a Roma. Un approccio che nega alla radice la strategia universale delle 5R, strategia che vede, accanto alla riduzione, al riutilizzo e alla raccolta, come soluzioni imprescindibili anche il riciclo, la valorizzazione energetica e la collocazione in discarica e in cui la tanto decantata “differenziata” non è la panacea, né tanto meno la chiusura del ciclo dei rifiuti, ma solo una modalità di raccolta.

Insomma: meglio ricorrere agli impianti di altri piuttosto che rendere evidenti tutti i limiti della propria politica in materia. Quindi occorrerebbe un nuovo approccio, abbandonando i radicalismi con una rinnovata condivisione verso il recupero energetico in impianti di nuova concezione. Sarebbe inoltre necessario aprire discariche, ma non come quelle del passato di cui conosciamo le nefandezze, bensì a capacità ridotta e gestione virtuosa; il tutto in un quadro amministrativo più fluido e senza eccessi burocratici e possibilmente anche con una disciplina meno complicata. Insomma, in assenza di un simile cambiamento, se nomina commissariale deve essere, che almeno il nuovo governo non decida di nominare la stessa sindaca… sarebbe la beffa.

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