Dal riconoscimento dei manifestanti a Hong Kong a un utilizzo pressoché capillare nella Cina popolare, passando per il controllo operato sulla minoranza uigura nello Xinjiang, Pechino ha dimostrato di adottare in modo ‘spregiudicato’ e invasivo le moderne tecnologie di videosorveglianza. Telecamere, di fabbricazione domestica, sulle quali è alta la preoccupazione degli esperti di sicurezza, che ne discutono anche in Italia.
UN TEMA DI SICUREZZA (CHE PREOCCUPA GLI USA)
Qualche mese fa, Formiche.net fu tra i pochissimi a sollevare il tema, non trascurabile, dell’opportunità che dati sensibili come quelli biometrici potessero finire nelle mani di un Paese che li gestisce per questi scopi. L’occasione per parlarne fu la decisione del Comune di Roma di consentire al colosso delle telco Huawei, in occasione della tappa romana di Formula 2, di installare in due aree del centro della Capitale – San Lorenzo e l’Esquilino – i suoi sistemi di videosorveglianza.
Il tutto accadeva mentre gli alleati americani mettevano (e mettono) in guardia tutti i Paesi Nato e, in particolare l’Italia, sui pericoli di affidarsi ad aziende tecnologiche cinesi e, soprattutto a Huawei nell’ambito delle telecomunicazioni (e nel 5G in particolare).
Oggi, la visita del capo della diplomazia americana Mike Pompeo, che inizierà il suo viaggio in Europa dall’Italia, è forse il momento giusto per tornare a esaminare la questione. Anche perché, ha già rilevato questa testata, il dossier dei rapporti tra Roma e Pechino – che dopo l’adesione dell’Italia alla nuova Via della Seta sono sotto la costante lente Usa – e della possibile presenza dei giganti cinesi nel 5G di Roma sarà uno degli argomenti che, con molta probabilità, il numero 2 dell’amministrazione Trump tratterà sia col suo omologo Luigi Di Maio sia con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte (con l’esecutivo italiano che ha da poco esercitato i poteri speciali concessi dal Golden Power e approvato un decreto cyber che rafforza la sicurezza delle reti; circostanze che, tuttavia, non esprimono ancora una decisione definitiva sulla presenza o meno di aziende come Huawei e Zte, sospettate da Washington di costituire un possibile mezzo di spionaggio di Pechino).
LE PASSATE POLEMICHE
Ad aprile scorso, si raccontò su queste colonne, dopo le numerose polemiche circa la possibilità che Huawei potesse fornire telecamere di nuova generazione nel centro della Capitale, arrivò una prima risposta del governo: “Roma Capitale non ha ancora ricevuto nei dettagli la proposta di liberalità” del colosso di Shenzhen, “e si è, dunque, riservata di valutare la fattibilità giuridica e tecnica che emergerà dal progetto”, spiegò il sottosegretario agli Interni, Carlo Sibilia, (riconfermato nello stesso ruolo nel Conte 2) rispondendo nell’Aula della Camera a un’interpellanza urgente del gruppo Misto sui possibili rischi per la privacy connessi all’installazione delle apparecchiature in questione.
All’epoca, in pratica, l’esecutivo chiarì che “al momento” non esisteva “un contratto di servizio tra Roma Capitale e Huawei” e il Comune precisò che nel caso si sarebbe attenuto “alle specifiche direttive previste dal Ministero dell’Interno in materia di sistemi di videosorveglianza”.
LA SITUAZIONE OGGI
La sola ipotesi, però, preoccupò e non poco gli addetti ai lavori. Si tratterebbe, come venne spiegato nell’occasione, di telecamere intelligenti, in grado di “pedinare” il presunto autore di un reato o, addirittura, riconoscere persone con precedenti, grazie a un sistema collegato con le banche dati delle forze dell’ordine. Allora Huawei si affrettò a spiegare che i dati non sarebbero stati gestiti dai costruttori di dispositivi, ma dagli operatori telefonici e dai proprietari dei sistemi operativi. Ma, allo stesso tempo, esperti di sicurezza sentiti da Formiche.net spiegarono che, in ogni caso, sarebbe impossibile essere certi che le informazioni non prendano altre vie.
Sono in molti, oggi, a chiedersi che ne è stato di quegli accordi e se il Comune di Roma non li abbia più finalizzati o se le telecamere siano già state installate, magari (persino) in numero maggiore a quanto immaginato in precedenza. Perché la sicurezza delle strade è altrettanto importante della sicurezza dei dati (e della privacy) dei cittadini italiani.