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Salvini, la Lega e l’inganno del rito romano. Parla Roberto Maroni

Fra una frase e l’altra Roberto Maroni precisa: “Io ormai ne sono fuori”. Ex ministro dell’Interno, ex vicepremier, ex leader della Lega (Nord), ex presidente della regione Lombardia, oggi fa il lobbista e l’avvocato. Va da sé, un occhio è sempre vigile sulla politica. E sul partito che ha visto nascere all’insegna del grido “Padania Libera” sul finire degli anni ’80, che è diventato la sua casa per quasi trent’anni, e ora riempie piazze, strade e vicoli in giro per l’Italia con numeri fino a pochi anni fa inimmaginabili. Matteo Salvini ne ha fatto il primo partito italiano, con un restyling che, spiega in questa lunga intervista a Formiche.net, lo rende oggi un po’ irriconoscibile. Stregato dal “rito romano” della politica, quello dei selfie, del protagonismo e della caccia spasmodica ai riflettori, di cui Maroni parla nel suo ultimo libro: “Il rito ambrosiano. Per una politica della concretezza” (Rizzoli). I margini per rimediare agli errori del giovane leader, dalle vicende russe all’azzardo d’agosto, ci sono ancora. Magari insieme al centrodestra, e a Silvio Berlusconi, che “è immortale per definizione”.

Maroni, che fine ha fatto il rito ambrosiano in politica?

Non c’è. Mancano concretezza, visione, capacità di trovare soluzioni condivise. L’esperienza del governo gialloverde ha mancato una grande occasione. Ha fatto affidamento sul rito romano, sul leaderismo e l’ossessione dei social.

E il rito romano ha incastrato Salvini.

Non c’è dubbio. Il rito romano è la voglia di affermare il proprio potere a prescindere, è la prevalenza degli interessi personali sul bene comune. Alla fine ha avuto la meglio su di lui, e lo ha portato a commettere errori, soprattutto di ingenuità.

La rottura era nell’aria da tempo.

Io stesso nel libro ho previsto che dopo le europee ci sarebbe stata una crisi fra Lega e Cinque Stelle. Finivo il libro con una citazione di Mao Tse-Tung: “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Ci avevo visto giusto. Anche se non potevo immaginare che sarebbe finita così.

Lega all’opposizione, Pd e Cinque Stelle a palazzo Chigi. C’è chi dice che questo è un governo contro il Nord. È così?

Le istanze settentrionali non sono in cima all’agenda, questo è sicuro. Possono tornare in cima a quella della Lega. Mi piacerebbe rivedere anche la parola Nord.

Perché?

La questione settentrionale è stata rimandata troppo a lungo, per l’autonomia non è stato fatto nulla, i ceti produttivi del Nord si sono sentiti un po’ abbandonati. Oggi c’è lo spazio per riprendere le storiche battaglie della Lega, da Gianfranco Miglio in poi. Purtroppo non sento grandi fremiti in questa direzione.

I leghisti ora fremono per un’altra battaglia, quella per il maggioritario. Sposa anche lei la causa?

Ci sono pareri molto contrastanti sull’ammissibilità di questa legge elettorale. La Consulta è sempre stata rigorosa in materia, e ha chiarito che la legge deve essere auto-applicativa. Quanto alla causa, siamo sempre nella politica della quotidianità. Quella che impone ogni giorno di trovare un’iniziativa che faccia parlare di sé.

La corsa al referendum ha creato non pochi mal di pancia nel centrodestra, Forza Italia in testa. Silvio Berlusconi ha ancora qualcosa da dire?

Berlusconi è immortale per definizione. Certo, il passare del tempo lascia segni indelebili. Ad agosto è caduto un meteorite sulla politica italiana. O lui e i suoi trovano un modo per ripartire in fretta o, come è accaduto ai dinosauri, dovranno lasciare spazio ai nuovi mammiferi. Personalmente credo che Berlusconi sia tutto fuorché un dinosauro.

I sovranisti sono i nuovi mammiferi?

Quando i dinosauri dominavano il mondo non si conosceva chi sarebbe arrivato dopo, i mammiferi sono venuti fuori inaspettatamente. Lo stesso vale oggi per la politica italiana. Non credo che saranno i sovranisti a venir fuori. Chiunque sia, non ne conosciamo ancora il nome.

Giancarlo Giorgetti ha aperto a un’entrata della Lega nel Ppe. Fantascienza?

Non lo escludo in futuro, anche se è un’evidente forzatura. Mi sembra peraltro che Salvini abbia già smentito. Ormai in politica si dice tutto il contrario di tutto, siamo all’anarchia totale. Sento che ora c’è un gran fervore intorno al dibattito sul voto ai sedicenni. Io sono d’accordo, ma se vedo che a proporlo è il Pd, il partito meno social e giovanile che esiste in Italia, mi viene un po’ da ridere.

Un ostacolo per entrare nel Ppe è la special relationship fra Lega e Russia. Se lo immaginava un Carroccio così filorusso?

I rapporti con la Russia esistono da sempre. Quando la Lega dichiarò l’indipendenza della Padania Umberto Bossi invitò a Milano il vicepresidente della Duma Vladimir Zirinovskij. Certo, lui era il capo dell’opposizione, oggi i rapporti si sono invertiti. Ma non vedo grandi rivoluzioni.

Giuseppe Conte accusa Salvini di non aver chiarito la sua posizione sul caso Moscopoli.

Salvini ha fatto bene a non riferire in Parlamento perché c’era un’inchiesta in corso. È innegabile però che l’intera vicenda non sia stata gestita benissimo.

Perché?

Non ci vuole un genio a capire che un posto come l’Hotel Metropol è sotto osservazione. I servizi segreti americani però si erano mossi molto prima. Ho l’impressione che abbiano iniziato a seguire da vicino i rapporti fra Lega e Russia fin dal primo viaggio di Salvini a Mosca, nel 2014.

A proposito di americani, il tweet di Trump per benedire il governo rossogiallo è stato un brutto colpo per la Lega. C’entra la vicenda russa?

A ben guardare cosa è successo negli ultimi mesi di politica estera credo che il cosiddetto caso “Moscopoli” e il pressing americano contro la Cina abbiano costituito due facce della stessa medaglia. Forse il sostegno della Lega all’operazione statunitense contro le multinazionali hi-tech cinesi e i loro piani per il 5G voleva essere una sorta di contropartita per compensare i malumori sulla Russia.

Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo è a Roma per parlare anche e soprattutto di Cina.

La visita ribadisce che Trump vede in questo governo un alleato per gestire la questione cinese. Conte non deve però commettere l’errore di credere che la guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina durerà in eterno. Trump è imprevedibile e fare piani di lungo periodo può essere controproducente.

Si tratterà anche di Libia. Lei era ministro dell’Interno quando è scoppiata la guerra nel 2011. Da lì in poi come si è mossa l’Italia?

Perché l’Italia si è mossa? Muoversi vuol dire fare quel che ha realizzato Berlusconi con Gheddafi nel 2009, quando con un accordo ha bloccato tutte le partenze. Negli ultimi anni l’Italia e l’Europa hanno rilasciato tante dichiarazioni e organizzato decine di conferenze. Il risultato? La Libia è una polveriera. E se esplode rischia di riavvolgere il nastro fino al 2011, all’inizio delle primavere arabe.

Il governo Conte bis esulta per l’accordo sui migranti siglato insieme a Francia, Germania e Malta. Passo avanti o solo parole?

È un esperimento interessante. Prevede una sorta di ricollocamento automatico e finalmente il meccanismo di burden sharing per cui ho lavorato inutilmente da ministro dell’Interno, senza un minimo di ascolto da parte dell’Ue. Per di più parla finalmente di migranti economici e non solo di richiedenti asilo. Ho parlato con Luciana Lamorgese, è un’amica e una persona preparata. Speriamo diano seguito alle buone intenzioni.

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