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Tribunale di Facebook. Quando la rete si fa Stato. Il commento di Celotto

Abbiamo letto che Facebook sta per istituire il proprio oversight board. Dovrebbe essere una specie di Corte suprema, indipendente da Facebook, che servirà a decidere i ricorsi degli utenti contro le decisioni automatiche della piattaforma circa la “qualità” dei post (sono noti i casi in cui sono stati automaticamente cancellati post con foto di opere di Rodin o di Canova in quanto scambiate per pornografia).

Per un giurista si tratta di un passo molto significativo verso la trasformazione della rete in veri e proprie “Stati”, secondo le nostre più tradizionali concezioni.

In questi anni ci lamentiamo e ci preoccupiamo spesso della crisi delle nostre democrazie: governi deboli, parlamenti poco rappresentativi, cittadini apatici verso la politica, disaffezione verso lo Stato.

Mentre gli Stati perdono sovranità, i “giganti” della rete prendono sempre più potere. Ormai Google, Apple, Facebook detengono molti dei nostri dati personali (anche sensibili), influenzano le nostre vite molto più dei governi, hanno fatturati che li abiliterebbero ben presto ad essere parte del G-20 (ad oggi Apple ha un fatturato di 258 miliardi di dollari, pari a Stati come l’Egitto o la Repubblica Ceca).

E, paradossalmente, gli Stati riescono sempre meno a disciplinare i fatti della rete. Esempio vistoso sono i “reati” commessi in rete. Fake news e hate speech sono da inquadrare come ingiuria o diffamazione. Eppure è abbastanza inutile pensare che se vengo offeso sistematicamente in rete un mio ricorso al Tribunale di roma possa essere efficace per la rimozione dei contenuti offensivi o per il conseguente risarcimento dei danni. Non a caso la legge tedesca di fine 2016 sull’odio in rete, comporta il diretto coinvolgimento dei provider, con sanzioni economiche molto significative (da 500 mila a 5 milioni di euro) per le piattaforme che non rimuovono tempestivamente i post offensivi.

Gli Stati cercano di inseguire la rete, mentre la rete si fa Stato. Questo è il punto. Uno Stato senza territorio, ma non per questo meno cogente verso i suoi cittadini non certo virtuali. Come dimostra il nuovo Tribunale di Facebook. Un tribunale autonomo, con una propria sovranità, a cui non serve certo derivare parti di sovranità degli Stati tradizionali.

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