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Sul nucleare del Nord Corea c’è ancora uno stop. Che non piace agli Usa

Stati Uniti e Corea del Nord danno versioni ambigue e apparentemente contrapposte del primo contatto tenuto dopo mesi, un pre-negoziato avvenuto su un’isola davanti a Stoccolma tra corpi governativi.

Per Pyongyang tutto è naufragato dopo pochi minuti di incontro, il tavolo è saltato alla velocità di un test missilistico — come i tanti degli ultimi mesi decisi dalla Corea del Nord per pressare e marcare l’impronta sul dossier, e per questo non si può escludere che battere i pugni serva allo stesso scopo. Per Washington invece si è trattato di un incontro proficuo su cui continuare a lavorare — e anche qui si legge l’atteggiamento imposto dalla Casa Bianca sul dossier, ossia calma e misura, ai negoziati come davanti a quei test missilistici, perché il presidente vuole portare un accordo in dote ai suoi elettori prima di Usa 2020.

I nordcoreani accusano gli americani di avere una postura poco collaborativa. È una dichiarazione criptica, ma attorno si può leggere la ragione dello stallo: Washington potrebbe non voler fare concessioni sulle sanzioni prima di poter apprezzare concretamente gli effetti della denuclearizzione. Che è di per sé l’argomento centrale: per gli americani va compiuta in modo totale, ma Pyongyang difficilmente accetterà di disarticolare completamente un programma nucleare che negli ultimi giorni ha mostrato la possibilità di arrivare all’implementazione dei missili sottomarini.

Gli americani dicono che in realtà le dichiarazioni del Nord non hanno senso, perché ci sono state discussioni proficue e soprattutto i negoziatori statunitensi “hanno portato idee innovative”. Da qualche giorno si sa che la linea americana potrebbe cambiare, perché Donald Trump vorrebbe forzare il processo e proporre l’eliminazione di parte delle sanzioni per tre anni, in cambio di passi concreti per lo stop del programma atomico, in particolare lo smantellamento di uno dei reattori più importanti e lo stop dell’arricchimento dell’uranio. Un’esposizione su cui diversi apparati di Washington non sarebbero troppo d’accordo.

 

 

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