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Perché i cambiamenti climatici sono una minaccia concreta per i Paesi in via di sviluppo

La crisi climatica si sta aggravando e il pianeta, nonostante l’Accordo di Parigi del 2015, sta marciando verso i 3° C di aumento della temperatura entro fine secolo: un livello di riscaldamento le cui conseguenze e i cui costi saranno sopportati, per l’80%, dai Paesi in via di sviluppo. Sono infatti 143 milioni gli abitanti delle aree più povere che potrebbero diventare “nuovi migranti climatici”, cui si devono aggiungere le “migrazioni interne” dovute a eventi estremi come inondazioni o cicloni (oltre 24 milioni di persone nel 2016); la desertificazione colpisce 1 miliardo circa di persone in cento Paesi; il 25% della popolazione mondiale rischia di non avere acqua a sufficienza ed entro il 2030 potrebbero esserci ulteriori 250mila morti l’anno per ondate di calore, malnutrizione e malaria.

Tutti i rischi del cambiamento climatico che, a livello mondiale, nel 2017 hanno causato 712 eventi meteorologici estremi, con perdite economiche per 326 miliardi di dollari (quasi il triplo del 2016), sono stati presentati nel corso della seconda giornata degli Stati Generali della Green Economy che si concludono oggi a Rimini Fiera di Italian Exibition Group nell’ambito di Ecomondo.

Il sistema energetico mondiale, basato sui combustibili fossili, sta cambiando troppo lentamente: il consumo di energia, infatti, è cresciuto di quasi tre punti percentuali, il massimo dal 2010 ed è stato soddisfatto dall’1,5% dall’uso del petrolio e dall’1,4% dal carbone. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili è troppo lento: nel 2018 hanno fornito solo il 26% dell’elettricità globale. È ancora marginale la penetrazione delle rinnovabili nei trasporti: il 3,3%; gli investimenti in rinnovabili, sempre nel 2018, sono scesi dell’11,5% rispetto all’anno precedente.

L’aumento della popolazione mondiale ha accresciuto la domanda e diminuito le risorse disponibili. Si rende dunque necessario un cambiamento di rotta, per un consumo efficiente delle risorse, che richiede una combinazione di politiche e una sinergia tra i diversi soggetti della filiera. Le direttive del “Pacchetto sull’economia circolare”, approvate dall’Unione Europea a giugno 2018, che i Paesi membri dovranno recepire negli ordinamenti nazionali entro luglio 2020, introducono strumenti significativi per sostenere la transizione verso un nuovo modello di economia, quella circolare appunto.

Il “modello Italia”, con l’evoluzione del sistema di recupero e riciclo dei rifiuti, è oggi all’avanguardia, specialmente per quanto riguarda la gestione dei rifiuti di imballaggio. Il sistema rappresentato da Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) e dai suoi sei Consorzi di filiera ha generato nel corso del 2018 un beneficio diretto del valore di quasi un miliardo di euro (995 milioni, per la precisione). Di questi, 412 milioni derivano dalla materia recuperata attraverso il riciclo, 29 milioni dall’energia prodotta da recupero energetico e 554 milioni dall’indotto economico generato.

I dati sono contenuti nel “Report di Sostenibilità Conai”, presentato oggi a Ecomondo. Crescono anche le materie prime risparmiate: 259mila tonnellate di acciaio, pari a quello usato per 672 Frecciarossa; 16mila tonnellate di alluminio, che corrispondono a un miliardo e 500mila lattine; 829mila tonnellate di carta, circa 332 milioni di risme di fogli A4; 925mila tonnellate di legno, l’equivalente di 42 milioni di pallet; 436mila tonnellate di plastica, pari a 20 miliardi di bottiglie di acqua in Pet da un litro e mezzo; oltre un milione e 600mila tonnellate di vetro, il corrispettivo di 4 miliardi di bottiglie di vino da 0,75 litri. E ancora un risparmio di energia primaria di oltre 20 terawattora in un anno, l’equivalente dell’energia necessaria a soddisfare i consumi medi di elettricità nelle case di più di 5 milioni di famiglie italiane.

“Stiamo parlando di risultati che confermano ancora una volta come il sistema funzioni e si imponga per efficacia ed efficienza – ha commentato il presidente del Conai Giorgio Quagliuolo –. In Europa siamo un modello di economia circolare, abbiamo praticamente già raggiunto gli obiettivi europei al 2025: se pensiamo che il beneficio ambientale dei risultati ottenuti è quantificabile in quasi 4 milioni di tonnellate di CO2 non prodotta, è facile rendersi conto di come proseguire sulla strada del recupero e del riciclo di imballaggio sia fondamentale”.


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