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Due referendum o il voto a marzo? I consigli di Celotto

La Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il referendum abrogativo proposto delle Regioni sulla legge elettorale. Il referendum proposto che vorrebbe trasformare l’attuale legge elettorale da mista in tutta maggioritaria, mediante “l’abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

Ora toccherà alla Corte Costituzionale valutare l’ammissibilità della richiesta, secondo scadenze precise: udienza entro il 20 gennaio e sentenza entro il 10 febbraio, come recita l’art. 33 della legge n. 352 del 1970.

A quel punto, se il referendum supererà la ammissibilità sarà votato in primavera (tra il 15 aprile e il 15 giugno, sempre secondo la legge).

Ovviamente sarà un nodo significativo sia per la Corte Costituzionale sia per i partiti, dovendo la prima decidere se – secondo i dettami più volte ripetuti – la normativa residua dopo il referendum sia immediatamente applicativa (come pare); i secondi trovandosi un sistema tutto maggioritario che toglierebbe al Parlamento il ventaglio di possibilità di scegliere una legge elettorale “di mediazione”.

La soluzione più indolore sarebbe allora uno scioglimento delle Camere subito dopo l’approvazione del Bilancio. Con una crisi di governo natalizia e la acclarata impossibilità di ogni altra soluzione per far proseguire questa difficoltosa legislatura.

Del resto lo scioglimento a gennaio eviterebbe ai partiti anche un altro grosso problema: l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari, impossibile prima del 12 gennaio, dato che pendono i termini per la richiesta del referendum integrativo.

Insomma, fra referendum sulla legge elettorale e referendum sul taglio dei parlamentari, la soluzione più indolore per i partiti potrebbe essere proprio la crisi a gennaio e il voto a marzo.

Ancora con il Rosatellum e con 945 parlamentari, in maniera da rinviare al prossimo Parlamento la soluzione di queste spinose questioni istituzionali.

Ma siamo certi che un Parlamento eletto con il Rosatellum a marzo 2020 avrebbe la forza e la compattezza di mettere mano alle (ormai indispensabili) riforme istituzionali?


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