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Il decreto cyber passa al Senato (e rafforza anche il Viminale)

Passaggio quasi decisivo in Senato per il Decreto cyber, che ora dovrà tornare alla Camera per l’approvazione definitiva e la conseguente conversione in legge, prima della scadenza del 20 novembre.

CHE COSA CAMBIA

Con il provvedimento nasce il Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che introduce nuovi obblighi per soggetti pubblici e privati che saranno definiti con futuri Dpcm; un Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) con poteri anche sulle forniture Ict; e un rafforzamento della normativa sui poteri speciali previsti dal Golden power, anche sul 5G. Una misura, questa, particolarmente apprezzata oltreoceano (l’inquilino della Casa Bianca Donald Trump l’ha elogiata durante la recente visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella), dove da tempo si chiede di aumentare il livello di attenzione sulle nuove reti e, in particolare, di tenervi fuori – per possibili rischi di spionaggio – i colossi cinesi che le forniscono, Huawei e Zte.

LE MODIFICHE DI PALAZZO MADAMA

Rispetto al testo approvato in prima lettura alla Camera, la sola modifica apportata a Palazzo Madama dota anche il Viminale di un proprio Centro di valutazione accreditato per reti e forniture Ict di competenza, anche se i compiti di certificazione restano in capo al Cvcn del Mise.

COORDINAMENTO E RISORSE

Non sono mancati i commenti politici in maggioranza e opposizione. Al fianco delle parole positive spese dal Partito Democratico, per il senatore pentastellato Fabrizio Ortis, relatore del decreto nella Commissione Difesa, il provvedimento è “un’importante passo avanti”. Tuttavia, si tratta di “un’ottima cornice che ora deve essere riempita con un bel quadro, sia in termini di funzionamento che di finanziamento”. Per il Movimento 5 Stelle, ha spiegato, “è necessario evitare la frammentazione e la moltiplicazione delle strutture e delle funzioni di controllo per gelosie tra dicasteri e dipartimenti, lavorando per un sempre più stretto e fluido coordinamento tra gli organismi di cyber security che fanno capo a Presidenza del Consiglio, intelligence, Difesa, Viminale e Mise”, oltre che “garantire risorse finanziarie adeguate e non simboliche che siano in linea con gli impegni finanziari in cyber security degli altri Paesi europei”.

LE CRITICHE

Chi non è convinto del provvedimento è invece Fratelli d’Italia, che si è astenuta dal votarlo. Dopo alcune perplessità espresse su questa testata dal deputato Federico Mollicone, oggi sul tema si è espresso anche il senatore Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, il Comitato parlamentare di vigilanza sull’intelligence che sta conducendo un’indagine conoscitiva sulla sicurezza informatica. “Sul tema della cyber security”, ha commentato Urso, “il governo è intervenuto in maniera inadeguata e confusa, dimostrando tutta la sua impreparazione su un tema fondamentale… che coinvolge tre questioni chiave del momento storico odierno: lo sviluppo tecnologico, la competitività globale e la sicurezza nazionale”. Il provvedimento in esame, “comunque importante”, ha aggiunto, “non basta se non vi è anche la piena consapevolezza della sfida in corso e della necessità di intervenire senza titubanze e con tempestività”.

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