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Il drone italiano caduto a Tripoli e l’irrilevanza di Roma in Libia

Lo Stato maggiore della Difesa italiano dice di aver perso il contatto con velivolo senza pilota italiano mentre svolgeva un’operazione nell’ambito della missione “Mare Sicuro”. Per quanto noto è precipitato nell’area di Tarhuna, uno dei fronti caldi dell’offensiva con cui il signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, vorrebbe conquistare Tripoli. Il piano per rovesciare il Gna, governo appoggiato dalle Nazioni Unite e internazionalmente riconosciuto – lato del conflitto intra-libico in cui l’Italia si colloca per ovvie ragioni di legittimità.

Le cause della caduta “sono ancora in corso di accertamento”, ma al momento “l’ipotesi prevalente è che si tratti di un incidente provocato da un problema tecnico”, dicono all’Ansa quelle che vengono definite fonti italiane qualificate, secondo cui “è ancora presto per dare una risposta definitiva, ma questa è l’ipotesi più accreditata”.

Non è chiaro al momento se l’aereo sia stato abbattuto, come rivendicano gli haftariani, che su alcuni canali Telegram hanno fatto circolare rivendicazioni (poi ufficialmente via Facebook) le foto di un’ala con il tricolore di quello che sembra essere un RQ-1 Predator o un MQ9 Reaper. Velivoli fabbricati dalla General Atomics americana che l’aviazione italiana utilizza in forma non armata per sofisticate attività di intelligence che partono solitamente da Sigonella.

Una fonte da Misurata, centro di coordinamento della difesa politica e militare dall’attacco di Haftar, ci fa sapere che è stato probabilmente uno dei nuovi sistemi anti-aerei che attori esterni hanno fornito all’autoproclamato Feldmaresciallo dell’Est a colpire il drone. Ma all’Ansa viene sottolineato che le forze del generale Haftar, che hanno rivendicato l’azione, non avrebbero tecnologie in grado di colpire un aereo che, come il Predator, vola a circa 20.000 piedi di quota.

Val la pena ricordare che da mesi la retorica anti-italiana di Haftar è cresciuta di intensità per poi passare alle vie pratiche. Quello che il governo italiano, per bocca del premier Conte, definisce “un interlocutore” bombarda con cadenza settimanale l’aeroporto di Misurata. Le bombe cadono a poche centinaia di metri dal luogo dove, all’interno del compound dello scalo, sono dispiegati 300 militari italiani.

Si tratta di medici e personale di sicurezza che gestisce l’ospedale da campo della missione “Ippocrate”, quella costruita per curare i guerriglieri misuratini che hanno sconfitto lo Stato islamico a Sirte nel 2016, e restato in essere secondo un accordo con il governo di Tripoli come centro di assistenza medica qualificata per tutti questi anni.

Oltre alle bombe sopra i dottori militari italiani, ora arriva anche l’abbattimento di un aereo. Se così fosse sarebbe un pessimo segnale per l’Italia. Sebbene potrebbe essere un incidente, ossia gli haftariani potrebbero averlo scambiato per un velivolo misuratino – che hanno droni forniti e gestiti dalla Turchia, mentre le forze di Haftar si affidano all’aiuto degli Emirati Arabi.

Quello che è certo dai fatti è che l’Italia del governo giallo-rosso ha perso rapidamente rilevanza sulla Libia. Addirittura il Gna ha riallacciato i rapporti con la Francia, con cui finora aveva tagliato ufficialmente le relazioni perché accusata di appoggiare clandestinamente il lato di Haftar e pubblicamente quello di Tripoli (giovedì scorso il vicepremier libico, Ahmed Maitig, era a Parigi per un incontro di alto livello col governo francese).

 

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