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Nessun passo indietro su Ilva, manovra e regionali. Parla D’Uva (M5S)

“Noi siamo questo, e non possiamo far finta di nulla per prendere qualche voto in più”. Sembra quasi dettare un nuovo manifesto Francesco D’Uva, deputato del Movimento Cinque Stelle vicino al capo Luigi Di Maio e fino a poche settimane fa capogruppo alla Camera. Ilva, manovra, elezioni regionali. Il governo naviga in acque tormentate e anche il Movimento ha i suoi nodi da sciogliere. Per questo, confida D’Uva a Formiche.net, è il momento di tenere la barra dritta e non cedere sulle battaglie identitarie. A costo di non inseguire il consenso.

Conte mostra i muscoli contro Mittal. Non è un po’ tardi?

Il nostro obiettivo è fare il bene di Taranto, trovando una soluzione che tenga conto della salute e dell’occupazione. Mittal vuole fare cassa sulle spalle dei lavoratori disoccupati, la richiesta di 5.000 esuberi è inaccettabile. E l’insistenza sullo scudo penale alla fine si è rivelata per quello che è: una scusa.

Il governo dice di voler tutelare i lavoratori. Se Mittal va via e non si trova un sostituto si immagina un intervento dello Stato?

Valuteremo diverse opzioni per uscire dalla crisi. Lo Stato segue con grande attenzione la situazione di Taranto, una città che necessita una profonda riconversione economica ed è cruciale per il sistema Paese, non solo per l’Ilva. Nel 2026 ospiterà i Giochi del Mediterraneo. E lì nascerà il Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile. Non la abbandoneremo.

Eppure le manovre di una fronda del Movimento, su tutti Barbara Lezzi, hanno contribuito allo stallo.

L’emendamento Lezzi riguardava lo scudo penale. Come ho detto, si tratta di una scusa utilizzata da Arcelor per giustificare gli esuberi, le risposte di queste ultime ore lo dimostrano.

Quella contro l’Ilva è stata una delle vostre prime battaglie. Cosa vi ha fatto cambiare idea?

Non abbiamo mai ignorato l’impatto occupazionale dell’impianto, abbiamo solo raccolto le richieste dei cittadini tarantini che ne auspicavano una riconversione. Lavoro e salute devono coesistere. Sicuramente inviare in aula dodici decreti Ilva come hanno fatto i governi prima di noi non serve a nulla. Noi ci prenderemo le nostre responsabilità.

D’Uva, che succede dentro al Movimento? Possibile che non siate ancora riusciti a trovare un nuovo capogruppo?

Questa elezione è stata ingigantita dalla stampa. Non è vero che non c’è una leadership. Il nostro capogruppo ad interim è Francesco Silvestri. Non si è ancora trovato un accordo sui due candidati ma questo non vuol dire che siamo fermi. La politica del Movimento e i provvedimenti per il Paese vanno avanti.

Le tensioni sono palpabili. Ieri ha fatto molto discutere una riunione di Nicola Morra.

È sicuramente un dibattito acceso, ma non è una novità. Noi lavoriamo e non fermiamo il governo per una discussione interna al Movimento, come abbiamo dimostrato con la manovra.

A proposito, siete convinti della plastic tax? Il comparto ha fatto sentire la sua voce.

Per diversi venerdì invece si è fatto sentire l’urlo delle nuove generazioni che chiedono al governo un impegno concreto per fermare i cambiamenti climatici e l’inquinamento dell’ambiente. Io credo che la plastic tax rientri fra questi impegni.

Non temete un effetto boomerang in Emilia-Romagna?

Lo dico chiaramente: sono stanco di chi pensa che fare politica significhi dover accontentare tutti. Il Movimento Cinque Stelle ha da sempre una sensibilità ambientalista. Ora è il momento di agire, non solo per i nostri elettori. All’estero già si sono mossi. In Finlandia, Norvegia, Danimarca esistono misure simili. Dobbiamo farlo anche noi, ascoltando le esigenze di tutti.

Tornando alle elezioni. Direte addio ad alleanze locali con il Pd?

Una cosa è quel che facciamo al governo, un’altra sono i singoli territori. Alle elezioni politiche del 2018 ci siamo presentati da soli, oggi abbiamo trovato i numeri per fare un governo con il Pd e portare avanti le nostre battaglie storiche. Sui territori la stessa alleanza può non funzionare.

Umbria docet.

Dopo l’esperienza in Umbria abbiamo ascoltato eletti ed elettori sui territori, in Calabria, in Emilia-Romagna. Il responso è stato cristallino: non sono interessati a seguire questa strada. È meglio camminare separati.

Dunque anche a Roma, che tornerà al voto nel 2021. Ha visto la nuova campagna di Salvini per conquistare la capitale?

Salvini è in perenne campagna elettorale. Non lavorava quando era al governo e non si è preso alcuna responsabilità sulla manovra, potrebbe iniziare a farlo ora. C’è chi chiede il consenso per andare al governo e chi va al governo per avere consenso, lui appartiene alla seconda schiera.

Roma non versa in una condizione idilliaca.

Io credo che la Raggi abbia fatto un grande lavoro con pochi mezzi e in condizioni molto difficili. Sta dando un grande contributo alla battaglia per la legalità. Siamo partiti da lì per ripulire Roma da un sistema che la giustizia non ha riconosciuto come mafioso ma che sicuramente si teneva in piedi su una profonda corruzione.

La legalità rimane un problema, la cronaca parla da sé. Avrà letto dell’incendio della libreria “Pecora elettrica”.

Un episodio che mi preoccupa molto. Soprattutto per il segnale intimidatorio che lancia. I libri vanno letti, non bruciati. La storia ci ha insegnato cosa può far seguito a questi roghi. Davanti a una violenza simile la politica deve fare fronte comune .

Anche di fronte alla violenza verbale? Il caso di Liliana Segre dice il contrario. La senatrice ora è finita sotto scorta.

È terribile. Sono rimasto molto colpito, da italiano, quando ho visto addirittura Forza Italia, che si definisce “destra liberale”, astenersi dal voto al Senato sulla Commissione Segre contro i delitti di odio, razzismo e antisemitismo. Io stesso nel 2017 ho firmato il manifesto contro le parole ostili e il linguaggio violento in politica.

Beppe Grillo ha costruito un mondo su quel tipo di comunicazione.

Grillo ha urlato tanto ma non ha mai odiato. Ha scherzato, sbeffeggiato, talvolta insultato, inventato soprannomi come Testa di asfalto o Rigor Montis. L’odio è tutta un’altra cosa, e non ci appartiene.

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