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In Iran monta la protesta e il regime sceglie la repressione. Parla Perteghella (Ispi)

Diverse manifestazioni di protesta hanno infuocato negli ultimi tre giorni alcune città iraniane. Migliaia di persone sono scese in strada per contestare l’aumento del prezzo del carburante, e le proteste si sono indirizzate anche contro la leadership iraniana: sono stati bruciati cartelli con le foto della Guida suprema, Ali Khamenei, e ci sono stati slogan contro il governo.

Ieri l’amministrazione statunitense ha diffuso un comunicato con cui ha repentinamente sposato le posizioni dei manifestanti, e l’Iran ha accusato Washington di interferire con le dinamiche interne iraniane e di dare supporto a “rivoltosi”. La dichiarazione è arrivata in forma ufficiale dalla Casa Bianca, dopo che il segretario di Stato, Mike Pompeo, aveva twittato al “popolo iraniano”: gli Usa “vi ascoltano, vi sostengono, sono con voi”. La situazione è anche chiaramente argomento di attrito tra i due Paesi, che hanno ridotto al minimo le relazioni – gli Stati Uniti che si sono messi su una posizione nettamente contro Teheran e al fianco dei partner regionali, l’Iran ha avviato una campagna di resilienza attiva con cui ha risposto all’uscita americana dall’accordo sul nucleare Jcpoa.

Le proteste in Iran si sposano, quanto meno dal punto di vista temporale, con quelle in Iraq e in Libano, che sono due Paesi in cui l’influenza della Repubblica islamica sciita è molto forte, anche attraverso la penetrazione nei corpi dello stato di partiti/milizia filo-iraniani come gli Hezbollah libanesi. Ci sono collegamenti? “Al di là delle evidenti similarità, le motivazioni sono radicalmente diverse. Non direi che il sistema/modello iraniano sia in crisi per via di queste proteste. Chiaramente il sistema-Teheran ha bisogno di essere riformato, ma quello che vediamo è qualcosa di molto specifico”, spiega a Formiche.net Annalisa Perteghella, responsabile dell’Iran Desk dell’Istituto per gli Studi di Politiche Internazionali (l’Ispi).

A che cosa si lega nello specifico la rabbia di questi giorni? “Il problema è il modo con cui è stato preso il provvedimento di aumentare i prezzi del carburante: è stato fatto di notte, alla vigilia del weekend come se fosse una misura da nascondere. In realtà dovrebbe servire a creare una cassa per dare sussidi statali alle fasce più povere della popolazione”, spiega Perteghella. “Tra l’altro – aggiunge l’analista italiana – è una misura consigliata all’Iran dal Fondo monetario internazionale, che visto il prezzo della benzina piuttosto basso (come in tutti i paesi produttori di petrolio), ha reputato che la classe media potrebbe sostenere l’aumento. Sebbene triplicato resta comunque irrisorio, ma la crescita dei prezzi permette spazi di cassa a beneficio dei più poveri”.

Che spazi di movimento hanno in questo momento il governo, la presidenza e la Guida? “Innanzitutto direi che dovrebbero spiegare meglio le motivazioni reali e i benefici collegati a questa decisione. Però, premesso che potrebbero farlo nelle prossime ore, per il momento non lo stanno facendo. Hanno invece scelto la strada della repressione”.

Il governo iraniano ha usato la mano pesante contro i manifestanti, e al momento della stesura di questo articolo la soppressione delle proteste non ha riguardato solo attività connesse all’ordine pubblico, ma s’è portata dietro anche la chiusura di Internet. Nelle ultime ventiquattro ore la connettività nel paese è restata sotto il 5%, circa 80 milioni di cittadini sono senza collegamenti digitali. “Ci arriva pochissimo – dice Perteghella – di quello che succede, perché Internet è praticamente spento, chiuso, sigillato. Tra l’altro hanno dimostrato capacità tecnica non indifferente, perché sono riusciti a farlo in pochissimo tempo. Non vogliono far uscire niente, ma sappiamo che ci sono già alcuni morti: non è chiaro il numero, ma ci sono dei morti”.

Recentemente c’è già stato qualcosa di simile in Iran, a fine dicembre e inizio gennaio del 2018, per esempio: similitudini? “Al momento non troppe, il fatto è che queste attuali sono proteste senza un capo, senza un collante e senza qualcosa che unisca i manifestanti al di là del malcontento. Però se la Guida deciderà di continuare con la linea dura le proteste potrebbero anche allargarsi. Va anche detto che per ora c’è molta retorica, sono molto gonfiate, molto riprese. Le vediamo perché ci sono molti account di iraniani contro il regime, o quelli americani e sauditi, che ci saltano sopra: però è veramente difficile capire cosa succederà nelle prossime settimane”.



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