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Mercenari russi in Libia con Haftar. Il racconto del Nyt (e l’appello pentastellato)

Duecento mercenari russi sono giunti in Libia nelle ultime sei settimane per combattere tra le fila dell’autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar.
A scriverlo è il New York Times, parlando della campagna messa a punto dal Cremlino per ricalibrare la sua influenza in Medioriente e in Africa.

LE MOSSE DEL CREMLINO

Mentre si avvicina la conferenza internazionale di Berlino, dopo quattro anni di supporto finanziario e tecnico dietro le quinte a Haftar, la Russia starebbe infatti ora intervenendo in modo diretto nella guerra libica, con l’introduzione di aerei militari Sukhoi, raid coordinati con missili e fuoco d’artiglieria di precisione, oltre che con cecchini.

COME IN SIRIA

Un modus operandi, quello russo – ha rimarcato il ministro degli Interni del governo di Tripoli, Fathi Bashagha – già visto in territorio di Damasco. ”È esattamente come in Siria”, ha detto. Mosca sostiene quindi Haftar insieme agli Emirati Arabi Uniti, all’Egitto, all’Arabia Saudita (e, talvolta, alla Francia). Dall’altra parte c’è il governo di Tripoli in carica dal 2015 con l’appoggio delle Nazioni Unite e, ufficialmente, degli Stati Uniti e di altre potenze occidentali, oltre che della Turchia.

LA PREOCCUPAZIONE ITALIANA

La notizia, ha detto il Movimento 5 Stelle, preoccupa l’Italia. “Il coinvolgimento attivo di centinaia di mercenari professionisti russi al fianco delle forze del generale Haftar – hanno commentato i senatori pentastellati -, testimoniato da fonti sempre più numerose e autorevoli, rappresenta una svolta preoccupante per le sorti del conflitto libico e potenzialmente dannosa per la pacificazione del Paese, tanto più alla vigila della conferenza di pace di Berlino. Dopo mesi di stallo nei combattimenti alla periferia di Tripoli questi mercenari potrebbero fare la differenza sul campo a svantaggio del governo di accordo nazionale (guidato da Fayez al Serraj) sostenuto dall’Onu e dall’Italia. Non possiamo più stare alla finestra a guardare in silenzio potenze mondiali e regionali intervenire sempre più apertamente in un conflitto che destabilizza un Paese di massima rilevanza strategica per l’Italia”.

L’OPINIONE DEGLI ESPERTI

Nei giorni scorsi, su queste colonne, era stato Karim Mezran, senior fellow dell’Atlantic Council, a sostenere che “la classe politica” italiana “dovrebbe avere ben chiaro che immigrazione e criminalità in questo momento sono collegate all’instabilità interna libica. Per cui pensare di risolvere il nodo immigrazione solo con azioni di contenimento non produrrà alcun frutto. Magari tramite un accordo con alcune bande si potrà avere un minor flusso per un anno o due, ma non di più. Se non si arriva a favorire un governo presentabile che riesca a controllare il territorio, allora non ci sarà mai una soluzione, né all’immigrazione né alla sicurezza legata al terrorismo. Mi auguro che questo passaggio sia metabolizzato da Roma”. Quanto ai nuovi raid aerei delle forze di Haftar a Mitiga sottolineò invece: “Sono soltanto la reiterazione della sua rabbia. Sta cercando di demolire le infrastrutture e di rendere pesantissimo il pedaggio dei tripolini nel non averlo riconosciuto. Non credo abbia una grande strategia dietro, quanto il tentativo di infiacchire la popolazione facendo passare il messaggio che sono circondati. Per questa ragione bombarda case e ospedali”. Ora, a dargli man forte, racconta il Nyt, c’è anche Mosca.

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