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Combattere l’Isis in Africa. Gli Usa costringono l’Italia a una scelta delicata

La coalizione anti Isis deve allargare il proprio raggio d’azione andando oltre la Siria e l’Iraq e intervenendo anche nell’Africa Occidentale e nel Sahel. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha aperto così a Washington il vertice dei ministri degli Esteri della coalizione aggiungendo che i partecipanti dovrebbero aumentare i fondi per ripristinare servizi e infrastrutture essenziali in Iraq e nel Nordest della Siria e che dovrebbero riprendere i propri foreign fighter attualmente prigionieri nel teatro siro-iracheno. Il vertice, al quale per l’Italia partecipa il ministro Luigi Di Maio, era stato chiesto dalla Francia per fare il punto dopo la nuova offensiva della Turchia in Siria e la decisione di Donald Trump di spostare le truppe americane, una parte delle quali sta ora proteggendo i campi petroliferi.

Le scelte di Trump spesso sono in contrasto con la realtà sul terreno e con le idee di una parte della sua amministrazione e lo stesso Pompeo ha confermato che gli Usa “manterranno un presidio in Siria” che dovrebbe essere di circa 600 unità e che continueranno a guidare la coalizione con l’obiettivo di impedire la riorganizzazione dello Stato islamico e il suo controllo del petrolio.

La sorte dei combattenti stranieri è ancora incerta e Pompeo ha ribadito la posizione americana: tutti i Paesi membri della coalizione dovrebbero rimpatriare i connazionali foreign fighter e giudicarli per quanto hanno commesso. Secondo il New York Times la Francia (che non vuole riprenderli) e il Qatar starebbero lavorando all’ipotesi di un tribunale internazionale che da molto tempo è indicato come una delle possibili soluzioni. Nel frattempo la Turchia sta mettendo in pratica quanto promesso, cioè l’espulsione dei combattenti presenti sul suo territorio: i primi sono sette tedeschi e un britannico che è stato arrestato da Scotland Yard all’aeroporto di Heathrow.

La proposta di Pompeo di allargare il raggio d’azione della coalizione, cioè di andare a combattere il terrorismo dell’Isis anche in aree a rischio come il Sahel e l’Africa Occidentale, costringerà il governo italiano a compiere una scelta delicata. Discutendo il tema all’indomani dell’attentato ai militari italiani in Iraq, il Consiglio supremo di Difesa tra l’altro aveva sottolineato che “è necessario continuare a garantire la nostra presenza nelle principali aree di instabilità e contribuire con decisione alle strategie tese a sviluppare un efficace sistema di contrasto comune al fenomeno”. Naturalmente non era in quel momento all’ordine del giorno un ampliamento dell’impegno militare italiano, ma ora dovrà essere fatta una valutazione politica approfondita, pur se in accordo con gli altri membri della coalizione.


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