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Demonizzare la plastica? Un errore. Ecco la road map per recupero e riciclo

Mai come di questi tempi la plastica è stata sul banco degli accusati. Un po’ tutti (quasi), informati e meno informati, si sentono in diritto di dire la loro sugli effetti nefasti che questo materiale, dopo aver adempiuto alle sue funzioni, provoca sull’ambiente. I media ci vanno a nozze. La politica si schiera, fioccano le interrogazioni parlamentari, il governo è in mezzo al guado: ha messo nella Legge di Bilancio una tassa (un’altra!) di un euro per chilogrammo di plastica prodotto sulla plastica monouso, compresi gli imballaggi (che pagano già un “contributo ambientale” destinato alla raccolta differenziata). Adesso si attende la discussione in Parlamento per vedere cosa succede. Intanto gli industriali sono sul piede di guerra. Ma non stanno con le mani in mano.

A seguito dell’approvazione, nel maggio scorso, della direttiva sulle restrizioni all’uso di alcuni prodotti di plastica monouso, PlasticEurope, l’associazione europea delle aziende produttrici di materie plastiche, aveva dato la propria disponibilità ad “implementare soluzioni più efficienti per prevenire la dispersione di rifiuti e sviluppare nuovi modelli per incrementare il riuso e il riciclo”. A livello nazionale, Federchimica e PlasticEurope Italia, in collaborazione con Ispra, l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, hanno messo a punto una “road map” da qui al 2030, un percorso industriale e normativo riguardante il recupero e il riciclo dei rifiuti in plastica, così da raggiungere gli obiettivi indicati dalla Commissione Europea.

Le basi normative da cui partire sono ben note: la Strategia europea sulla Plastica (con relativa direttiva sui prodotti monouso) e il Pacchetto di direttive sull’Economia Circolare, tra le quali quella sugli imballaggi (anche in plastica), con nuovi target di riciclo al 2025  e al 2030 (rispettivamente 50 e 55%) , in corso di recepimento nell’ordinamento nazionale. E poi i numeri: attualmente in Europa sono prodotti (fonte Ispra) 25,8 milioni di tonnellate di plastica; solo il 30% dei rifiuti di plastica viene avviato a riciclo. In Italia, secondo dati CoRePla, il Consorzio che gestisce il riciclo degli imballaggi in plastica raccolti in maniera differenziata, il 43% viene avviato a riciclo e il 40% a recupero energetico per un totale di circa 2 milioni di tonnellate recuperate,  su un totale di 2 milioni 320 mila tonnellate di imballaggi immessi al consumo. Ma gli imballaggi rappresentano solo il 42% delle plastiche prodotte; il resto riguarda l’edilizia con il 14%, l’automotive (7,4%) e le apparecchiature elettriche ed elettroniche (5,7%).

Lo studio suddivide i rifiuti in plastica, secondo la loro origine, in due grandi categorie: “commerciale/industriale” e “domestica”. La diversa origine ne determina anche le modalità di raccolta e i gestori dei rispettivi flussi. I rifiuti “commerciali/industriali” sono gestiti da consorzi privati; quelli “domestici” dai Comuni e dalle aziende municipalizzate. I rifiuti di imballaggio, come abbiamo detto, vengono gestiti da CoRePla che, attraverso l’Accordo Quadro Anci-Conai, “acquista” dai Comuni i rifiuti di imballaggio in plastica raccolti in maniera differenziata per avviarli a riciclo: solo nel 2018 il Consorzio ha riconosciuto ai Comuni 351 milioni di euro.

La quantità dei rifiuti in plastica nel 2016 è stata di 4 milioni 685 mila tonnellate (poco più di 3 milioni e 200 mila i domestici; poco meno di 1 milione e mezzo di tonnellate gli industriali/commerciali). Le proiezioni al 2025 e al 2030 indicano un aumento di entrambi i flussi per complessivi, rispettivamente, 5 milioni 300 mila tonnellate e 5 milioni 700 mila tonnellate.

I rifiuti industriali/commerciali non presentano particolari difficoltà di raccolta e riciclo: sono generalmente “puliti” e costituiti da un unico polimero. I rifiuti domestici, al contrario, rappresentano il problema più complesso per il fine vita delle materie plastiche, soprattutto perché contengono manufatti con una vasta gamma di polimeri e dopo la raccolta devono essere selezionati per famiglia di polimeri prima di essere avviati a riciclo e trasformati in “materia prima seconda”.

Senza addentrarci in dettagli tecnicistici relativi al riciclo meccanico, chimico o termico (e relativi impianti ipotizzati), lo studio suggerisce alcune azioni finalizzate a raggiungere gli obiettivi previsti dalle normative comunitarie. Innanzitutto che tutti i rifiuti di imballaggio vengano raccolti in maniera differenziata: a tale scopo occorre avviare campagne di sensibilizzazione/educazione rivolte ai cittadini e potenziare gli enti di raccolta e le piattaforme comunali. La “road map” introduce anche il concetto di “rifiuto a chilometro zero”, attraverso la predisposizione di una rete di impianti che consenta di gestire i rifiuti “in loco” e con la maggiore efficienza possibile in termini di logistica. Per quanto riguarda gli iter autorizzativi e normativi viene auspicata una semplificazione legislativa. Si ipotizza, infine, la costituzione di una “organizzazione progettuale” per la specifica definizione degli obiettivi presentati.



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