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A Venezia serve un vaccino, non i piagnistei. L’affondo di Sgarbi

“Ma quale disastro”. Bando ai catastrofismi, l’allagamento di Venezia era prevedibile e piangersi addosso non serve a niente, dice Vittorio Sgarbi. Raggiunto al telefono da Formiche.net, il critico d’arte spiega perché alla Serenissima “serve un vaccino”, non una cura ex post.

“È una situazione fisiologica e prevedibile, una malattia certa che deve essere affrontata nella sua cronicità”. Due notti fa l’acqua ha raggiunto livelli record, ma ogni anno fra ottobre e novembre si sfiora il disastro e chi se ne deve occupare lo sa bene. “Nessuno forse ricorda che l’anno scorso il 28 ottobre è successa la stessa cosa. Sono mille anni che l’acqua arriva a quelle altezze, e ogni anno puntualmente si grida allo scandalo e partono tre giorni di dibattiti televisivi. Poi il buio”.

Venezia allagata non è “come uno tsunami o un terremoto”, è una certezza. Certo, questa volta i danni sono ingenti. E di questo passo, dice Sgarbi, rischiano di diventare permanenti. Specie per la Basilica di San Marco, che si è ritrovata la cripta allagata, sommersa da più di un metro e mezzo di acqua. “La pietra è logorata, serpentino, porfido e pietra d’Istria a lungo andare si polverizzano come lo zucchero”. Un altro paio di maree di questa portata a Venezia e la Basilica potrebbe cedere: “non è escluso che crollino le colonne”.

Sullo sfondo resta la questione del Mose, la maxi-barriera in costruzione da sedici anni e mai terminata fra inchieste, mazzette, burocrazia, stalli politici. E pensare che le stime fra gli addetti ai lavori danno l’opera come completata tra il 93 e il 96%, da più di sei anni. “Non si può lasciare a se stessa un’opera del genere per tutti questi anni – sbuffa Sgarbi – ora bisogna raddoppiare gli operai e finirla entro il prossimo autunno, quando non potranno più dire di non sapere”. Il premier Giuseppe Conte giunto a Venezia ha assicurato che il Mose sarà pronto entro il 2021. “Conte racconta balle – risponde Sgarbi – ogni volta che c’è una sventura lui arriva sul luogo del crimine per dare la sensazione che lo Stato c’è. Non ci crede nessuno. Se davvero ci fosse lo Stato avrebbe già chiuso i lavori del Mose da un pezzo”.


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