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In visita a Mosca? Perché no. Così Trump ha infranto un altro tabù

Moscow calling. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è pronto a infrangere un altro tabù della politica estera americana. L’annuncio a sorpresa è arrivato dalla Casa Bianca. Prima di salire su un elicottero diretto in Georgia, dove lo attende un altro rally elettorale, Trump ha annunciato ai cronisti che il prossimo 9 maggio potrebbe recarsi per la prima volta in visita ufficiale a Mosca per assistere alla parata militare del “giorno della Vittoria” organizzata dal presidente russo Vladimir Putin per commemorare la vittoria sulla Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale. “È un evento enorme, celebrare la fine della guerra – ha detto il presidente. L’invito ufficiale gli è stato recapitato da Putin in persona lo scorso giugno, a margine del G-20 di Osaka, “l’ho apprezzato molto”.

La parata militare è un’importante ricorrenza annuale per il governo russo. E soprattutto è un appuntamento cruciale per mostrare al mondo la sua potenza militare con un’infinita parata di carri armati, missili, aerei, battaglioni di fanteria che invadono le strade della capitale russa nell’ordine di decine di migliaia. I preparativi iniziano due mesi prima, e prevedono un mese finale di ritiro delle truppe per addestrarsi al grande evento.

Non sorprende dunque che l’annuncio di Trump abbia fatto rumore sia sulla stampa americana che nel mondo diplomatico. Anzitutto perché si tratterebbe della prima visita ufficiale di un presidente americano a Mosca da quando la Russia ha unilateralmente annesso la Crimea nel 2014. Dal momento in cui la guerra in Ucraina è entrata nel vivo l’allora presidente Barack Obama, che aveva fatto due volte tappa in Russia, a San Pietroburgo nel 2013 e a Mosca nel 2009, non vi ha più fatto ritorno.

La visita di maggio, per di più in occasione della più grande manifestazione militare annuale del Cremlino, concepita in origine per celebrare la vittoria del comunismo leninista sullo zarismo e solo in seguito trasformata in una ricorrenza della fine del conflitto mondiale, avrebbe inoltre una carica simbolica non indifferente. Un successo indiscusso per Putin, che ha fatto della grandeur in politica estera un manifesto della sua presidenza (e del suo consenso), anche se potrebbe innescare più di un mal di pancia nell’opposizione nazionalista con cui il palazzo rosso fa i conti. Un grande punto interrogativo per l’immagine pubblica degli Stati Uniti.

Di certo rischia di trasformarsi in un boomerang per la campagna delle presidenziali nel 2020. Il Congresso in mano ai democratici lavora alacremente all’inchiesta per l’impeachment del presidente e ha avviato il nuovo round di audizioni dei suoi principali collaboratori. Una passeggiata all’ombra del Cremlino accanto a Putin offrirebbe a schiere di membri dello staff e comunicatori dei candidati democratici mesi di propaganda elettorale contro la Casa Bianca. Forse per questo Trump ha corretto poco dopo il tiro e messo le mani avanti: “ci sto pensando, è nel bel mezzo della nostra campagna elettorale”.

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